Le sofferenze rappresentano l’11,01% degli impieghi bancari e soltanto il 4,13% delle operazioni di factoring. Lo sottolinea l’Assifact ricordando che quello italiano è uno dei mercati più importanti a mondo per il settore, con un volume d’affari del factoring pari a circa l’11% del Pil.
A livello europeo, spiega l’Associazione italiana per il factoring, considerando i 13 Paesi che fanno parte dell’ Euf, la federazione degli operatori di Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito, il mercato della cessione dei crediti commerciali vale mediamente oltre il 10% del Prodotto interno lordo.
“Il factoring, oltre che una fonte di finanziamento meno rischiosa – ha spiegato il vicepresidente di Assifact Fausto Galmarini – rappresenta per le piccole e medie imprese europee una rilevante opportunità di sviluppo, soprattutto nei Paesi dove la ripresa è ancora precaria”.
Galmarini è stato nei giorni scorsi a Bruxelles per rappresentare l’associazione degli operatori italiani al workshop dell’Euf “Costruire un ponte tra la finanza e le Pmi” presso il Parlamento europeo. La Federazione europea lavora per armonizzare e omogeneizzare le normative dei diversi Stati in materia di cessione dei crediti. Una questione aperta è quella della vigilanza.
“In Europa – ha aggiunto Galmarini – non tutte le società di factoring sono di emanazione bancaria o legate alle banche. Molte sono indipendenti, quindi non sottoposte al controllo delle authority, e questo determina una disparità nella competizione sul mercato. In Italia gli operatori sono vigilati dalla Bce e dalla Banca d’Italia. Hanno quindi gli stessi obblighi delle banche, gli stessi doveri in termini di profili di rischio. Ma non hanno gli stessi diritti: per esempio quello di accedere ai finanziamenti della Bce”.