La Banca d’Italia ha chiuso il 2016 con un utile netto di 2,686 miliardi di euro, pressoché in linea con i 2,8 miliardi dell’anno precedente. L’utile lordo è salito da 6 a 7 miliardi, un incremento però assorbito da maggiori accantonamenti al fondo rischi generali (+700 milioni) e dalle imposte (+300 milioni).
Il piano di riparto approvato dal consiglio superiore prevede di attribuire un dividendo uguale a quello degli ultimi due anni: 340 milioni di euro, pari al 4,5% del capitale. Le cifre associate alle quote eccedenti il 3% del capitale, pari a circa 133 milioni, non saranno però corrisposte ai partecipanti, ma imputate alla riserva ordinaria per un totale di 283 milioni. I dividendi effettivamente erogati ammontano, dunque, a circa 207 milioni di euro.
Al fondo rischi generali, che ai sensi dello statuto concorre con le altre riserve patrimoniali ad assicurare i necessari presidi a tutela dell’indipendenza della banca centrale, sono destinati circa 2,9 miliardi. L’assegnazione, ha sottolineato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco nella sua relazione all’assemblea dei partecipanti al capitale dell’istituto, è coerente con l’obiettivo di un graduale accrescimento della dotazione patrimoniale dell’istituto per fronteggiare i rischi anche negli scenari più avversi.
Al pari degli ultimi esercizi, l’attribuzione ha tenuto conto della crescita attuale e prospettica dei rischi dei portafogli di politica monetaria. I costi operativi e le altre spese sono aumentati soprattutto a causa di oneri a carattere non ricorrente: maggiori accantonamenti per il trattamento di quiescenza e per le misure di accompagnamento all’uscita del personale. Queste ultime, ha precisato il governatore, sono connesse con la riforma degli assetti organizzativi dell’amministrazione centrale e delle filiali, destinata a ridurre stabilmente i futuri costi di funzionamento della Banca. Al netto di tali componenti, l’aggregato dei costi ha registrato un incremento del 2,1%.
Quasi 3,5 miliardi allo Stato fra utile e imposte versate
Lo Stato incasserà da Banca d’Italia, relativamente al bilancio 2016, 3,466 miliardi di euro. La quota di utile è pari a 2,156 miliardi in aggiunta a imposte per 1,310 miliardi. Le somme complessivamente sono superiori di circa 300 milioni a quelle dello scorso anno. “In definitiva, considerando l’accantonamento al fondo rischi generali di circa 2,9 miliardi e la quota di utile assegnata alla riserva ordinaria, l’importo complessivamente destinato ai fondi patrimoniali si attesterebbe a circa 3,2 miliardi”, ha sottolineato Visco.
Altri 40 milioni sono destinati a una posta speciale per la stabilizzazione degli utili netti. Tenendo conto dei diversi elementi, “il residuo ammontare dell’utile netto da assegnare allo Stato sarebbe pari a 2,156 miliardi che, in aggiunta a imposte di competenza per 1,310 miliardi, portano le somme complessivamente destinate allo Stato su un livello superiore di circa 300 milioni a quello dello scorso anno”, ha precisato il numero uno di Via Nazionale.
Nel 2016 acquistati 115 miliardi di titoli di Stato italiani
Lo scorso anno Banca d’Italia nell’ambito del Qe della Bce ha acquistato titoli di Stato italiani per 115 miliardi di euro. A fine anno il portafoglio di titoli acquistati per questa finalità è così salito a 186 miliardi di euro. Il portafoglio totale dei titoli legati ai programmi di acquisti Bce è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente a 245 miliardi.
A completare il portafoglio sono, per circa 36,3 miliardi, i covered bond, acquistati nell’ambito di tre differenti programmi della Bce. Nel 2016 sono iniziati anche gli acquisti di corporate bond per 5,8 miliardi. Nel portafoglio ci sono poi ancora 16,4 miliardi di titoli relativi al programma Smp, concluso nel 2012. In base ai dati diffusi dalla Bce, nel 2016 l’Eurosistema ha comprato titoli del settore pubblico italiano per 130,4 miliardi.
In aumento poi il ricorso della banche italiane alle operazioni di rifinanziamento della Bce. Dopo essersi progressivamente ridotte dal 2012, sono tornate a crescere fino a raggiungere i 204 miliardi. L’incremento di 46 miliardi è dovuto alla liquidità immessa attraverso la nuova serie di operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine (Tltro), solo in parte compensate dal rimborso anticipato delle operazioni della precedente serie assegnate nel 2015. Infine, il valore dell’oro è aumentato di circa 10 miliardi; a fine anno l’ammontare complessivo delle riserve auree ha sfiorato 87 miliardi.
Dal lato del passivo, è proseguita la crescita del saldo debitorio di Banca d’Italia sul sistema dei pagamenti Target2 che nel 2016 ha registrato un incremento di 108 miliardi, dovuto soprattutto ad acquisti netti di residenti di quote di fondi comuni e altri titoli esteri e al calo della raccolta netta delle banche italiane sull’estero avvenuto in parallelo con la creazione di liquidità attraverso i programmi dell’Eurosistema. I depositi delle istituzioni creditizie sono aumentati di 48 miliardi; le banconote in circolazione, esposte nel bilancio dell’Istituto in proporzione alla quota di partecipazione al capitale della Bce, sono aumentate di 7 miliardi.
115 partecipano al capitale, 74 i nuovi
Oggi i soggetti che detengono quote di Banca d’Italia sono 115. La platea si è ulteriormente allargata per effetto del processo di riallocazione delle quote di Palazzo Koch. Le new entry sono 74: 2 compagnie di assicurazione, 7 fondi pensione, 8 enti di previdenza, 15 fondazioni di matrice bancaria e 42 banche. Banche e compagnie assicurative hanno ridotto la loro partecipazione dal 94,3% al 73,2%; è cresciuta dal 5,7% al 22,7% la partecipazione degli enti di previdenza e dei fondi pensione. Mentre le fondazioni bancarie hanno il 4,1% del capitale.
Il processo di riallocazione non si è concluso: in quattro detengono ancora quote che eccedono il limite del 3% introdotto a inizio 2014 per un valore nominale di 2,9 miliardi. “Quattro partecipanti detengono ancora quote che eccedono il limite per un valore nominale di 2,9 miliardi circa. La redistribuzione e la circolazione delle quote potranno trarre impulso dalla costituzione, oggi sottoposta alla Vostra approvazione, di una posta speciale per stabilizzare nel tempo i dividendi nonché dall’avvio di un mercato secondario delle quote di capitale nel quale l’attività dei market makers, sostenuta dal nostro Istituto, contribuirà ad accrescere la liquidità dei titoli di partecipazione”, ha spiegato Visco.
Il governo Letta ha autorizzato la banca centrale a rivalutare le quote azionarie da 156.000 a 7,5 miliardi di euro e reso le quote un titolo negoziabile, con l’obiettivo di rendere l’istituto una specie di public company al termine del periodo transitorio scaduto a fine 2016. Da quest’anno, ha ricordato Visco, i dividendi relativi alle quote eccedenti il 3% non possono essere più corrisposti e vanno pertanto attribuiti alle riserve statutarie.
Consulta il testo completo della relazione del governatore Ignazio Visco