Banca d’Italia: banche, -3% sportelli e 1% dipendenti nel 2022. Focus su prestiti e rischio di credito

Banca d'Italia Logo 2Nel 2022 le banche hanno ridotto del 3% gli sportelli e dell’1% i dipendenti. Nell stesso periodo i prestiti alla clientela residente sono saliti dell’1,8%, una crescita lievemente inferiore a quella del 2021, mentre il flusso di nuovi prestiti deteriorati in rapporto alla consistenza di quelli in bonis è sceso all’1%, dall’1,2% del 2021. È quanto emerge dalla Relazione annuale sul 2022, diffusa oggi dalla Banca d’Italia, secondo la quale nel I trimestre del 2023 il credito è ulteriormente diminuito.

La struttura dell’industria bancaria

Alla fine del 2022 il sistema bancario italiano era composto da 139 intermediari (2 in meno del 2021), ripartiti tra 53 gruppi e 86 banche individuali; queste ultime comprendevano 39 banche di credito cooperativo (bcc) non appartenenti a gruppi, 36 società per azioni e 11 banche popolari.

I gruppi classificati come significativi (significant institutions, Si) nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico (Single supervisory mechanism, Ssm) erano 12, uno in più rispetto al 2021 a seguito dell’ingresso di Mediolanum e Fineco, i cui attivi hanno superato stabilmente la soglia dei 30 miliardi di euro, e della fusione di Banca Carige con Bper Banca. Ai gruppi significativi era riconducibile oltre l’80% del totale degli attivi del sistema.

Banche: -3% sportelli e -1% dipendenti

Le banche hanno proseguito nella riorganizzazione della rete degli sportelli e dei canali di distribuzione: nel 2022 il numero dei dipendenti è diminuito di circa l’1%, per effetto della ristrutturazione di un grande intermediario, mentre quello degli sportelli è sceso del 3%; nell’ultimo decennio il calo è stato rispettivamente del 14% e del 36%.

Sulla base degli ultimi dati disponibili per il confronto con gli altri principali paesi europei (riferiti al 2021), il numero medio di abitanti per sportello è salito a oltre 2.700, un valore intermedio tra quello della Francia (circa 1.900) e della Germania (oltre 3.800) e di poco superiore a quello della Spagna (circa 2.400).

Il credito

Nel 2022 i prestiti delle banche alla clientela residente sono saliti dell’1,8%, una crescita lievemente inferiore a quella del 2021. I prestiti hanno iniziato a decelerare dal secondo semestre, in concomitanza con i rialzi dei tassi di interesse decisi dalla Banca centrale europea. Sulla base delle indagini qualitative presso gli intermediari, il rallentamento è ascrivibile sia alle minori richieste della clientela, sia a un irrigidimento delle politiche di offerta.

I prestiti alle imprese nel 2022 si sono contratti dello 0,5%. L’aumento del costo del credito e le ridotte necessità di finanziamenti per finalità di investimento hanno inciso negativamente sulla domanda e sono stati solo in parte controbilanciati dalla maggiore richiesta di credito per soddisfare il fabbisogno di capitale circolante. “Allo stesso tempo una più elevata percezione del rischio e una minore disponibilità a tollerarlo da parte degli intermediari hanno determinato un inasprimento delle condizioni di offerta. La composizione delle nuove erogazioni è tornata a essere fortemente sbilanciata verso i prestiti a tasso variabile (91% nel 2022), dopo un temporaneo incremento nella diffusione di quelli a tasso fisso durante la pandemia per effetto dei finanziamenti assistiti da garanzia pubblica”, si legge nella relazione annuale della Banca d’Italia.

La crescita dei prestiti alle famiglie è rimasta stabile al 4%. Nell’ultimo trimestre dell’anno si è indebolita con il calo della domanda di mutui per l’acquisto di abitazioni e di credito al consumo, principalmente dovuto all’aumento dei tassi. È raddoppiata la quota delle erogazioni a tasso variabile (26%); l’incremento è stato guidato dai mutui residenziali, per effetto di un ampliamento del divario tra il costo dei finanziamenti a tasso fisso e quello dei prestiti a tasso variabile.

Credito alle imprese, per la metà degli intermediari rischio climatico importante

Secondo i risultati dell’ultima indagine regionale sul credito bancario (Regional bank lending survey) condotta dalle filiali della Banca d’Italia, circa la metà degli intermediari ritiene che il rischio climatico assuma rilevanza nel processo di erogazione di credito alle imprese. Lo scorso anno l’Istituto ha fatto svolgere alle banche meno significative una autovalutazione del livello di allineamento con le aspettative di vigilanza sui rischi climatici e ambientali. L’esercizio ha evidenziato un allineamento solo parziale, sebbene nel contesto di una diffusa e crescente consapevolezza dell’importanza della tematica. Seguendo le indicazioni della Vigilanza, le banche hanno predisposto piani di azione per adeguarsi alle aspettative del supervisore in un orizzonte triennale. La difficoltà nel reperire dati affidabili è il principale ostacolo riscontrato nell’indagine; la valutazione dei rischi climatici è quindi effettuata in prevalenza con approcci qualitativi. Anche alla luce di queste evidenze, la Banca d’Italia ha promosso confronti con l’industria per valutare possibili iniziative di sistema volte ad agevolare il censimento e la raccolta dei dati disponibili; inoltre l’Istituto partecipa al tavolo tecnico in materia coordinato dal ministero dell’Economia e delle finanze. In prospettiva la proposta di direttiva della Commissione europea sull’informativa di sostenibilità da parte delle imprese (Corporate Sustainability Reporting Directive, CSRD) potrà contribuire alla diffusione di standard di comunicazione uniformi e confrontabili, con potenziali benefici anche per i sistemi di gestione dei rischi climatici e ambientali degli intermediari.

La qualità degli attivi e il rischio di credito

Secondo la relazione annuale della Banca d’Italia, nel 2022 il flusso di nuovi prestiti deteriorati in rapporto alla consistenza di quelli in bonis è sceso all’1%, dall’1,2% del 2021. Il cqualità degli aalo dell’indicatore è dovuto alla diminuzione sia per i finanziamenti alle famiglie sia per quelli alle imprese. È proseguita la riduzione anche delle consistenze dei crediti deteriorati, realizzata soprattutto attraverso operazioni di cessione per circa 20 miliardi; dal 2016, quando le transazioni sul mercato di questi finanziamenti hanno acquisito rilevanza, sono state effettuate vendite per circa 230 miliardi di valore nominale.

Nel 2022 il rapporto tra l’ammontare dei crediti deteriorati e il totale dei prestiti al netto delle rettifiche è diminuito di circa 20 punti base, all’1,5% (al lordo delle rettifiche è sceso di 60 punti base, al 2,8%). Alla fine dell’anno il valore dell’indicatore per i gruppi significativi italiani era pressoché in linea con quello relativo al complesso degli intermediari soggetti alla supervisione diretta della Bce (1,2% contro 1,1%, rispettivamente).

Il tasso di copertura era pari al 53,5%, a fronte del 43,5% per la media dell’area dell’euro. Il 64% dei crediti deteriorati netti detenuti dalle banche italiane era costituito da inadempienze probabili; dal picco del 2014, il volume di queste esposizioni è gradualmente sceso da 140 a 38 miliardi e le banche ne hanno considerevolmente aumentato il tasso di copertura (dal 27% al 44%).