Le banche potrebbero contribuire alla transizione verso un’economia sostenibile attraverso l’erogazione di mutui green. Per questa tipologia di prestiti, tuttavia, gli istituti finanziari si trovano a dover fronteggiare una serie di difficoltà che possono limitare la loro capacità di offrire prodotti a condizioni competitive, tra le quali quella principale è la carenza di informazioni sulla prestazione energetica degli immobili. A evidenziarlo è il n. 845 delle Questioni di economia e finanza della Banca d’Italia, dal titolo “Il miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni in Italia: lo stato dell’arte e alcune considerazioni per gli interventi pubblici”.
Secondo l’analisi, firmata da G. de Blasio, R. Fiori, L. Lavecchia, M. Loberto, V. Michelangeli, E. Padovani, E. Pisano, M. L. Rodano, G. Roma, T. Rosolin e P. Tommasino, l’insufficienza di dati potrebbe comportare sia per le banche sia per coloro che richiedono un mutuo maggiori costi amministrativi connessi con la certificazione dell’efficienza energetica.
Possibili soluzioni: dal coinvolgimento di più attori alla raccolta di dati sui prestiti erogati
Nel caso italiano le difficoltà connesse con la carenza dei dati potrebbero essere superate coinvolgendo una molteplicità di attori, quali costruttori, investitori, residenti, società finanziarie e i soggetti pubblici che contribuiscano a fornire una stima dell’efficienza dell’edificio. E peraltro non mancano iniziative istituzionali al riguardo.
Inoltre, si potrebbe ricorrere a metodologie statistiche che permettono di stimare le variabili di interesse partendo da un insieme circoscritto di abitazioni per cui esse sono disponibili, quali ad esempio, dataset pubblici riferiti a edifici con caratteristiche simili in termini di area geografica, qualità e anno di costruzione. In certi casi queste metodologie “consentono di stimare anche l’evoluzione nel tempo delle performance energetiche, permettendo così il monitoraggio delle spese energetiche dell’abitazione e la quantificazione dei vantaggi dell’Ee in termini di risparmi energetici. Alcune aziende già offrono soluzioni di questo tipo”, si legge nello studio.
In aggiunta all’utilizzo di dati esterni, le banche potrebbero raccogliere dati dettagliati sui prestiti green erogati, compilando template pre-definiti e omogenei (che includano le caratteristiche dell’immobile, del contratto e del contraente, nonché le spese connesse con il mutuo e i risparmi energetici). Queste rilevazioni potrebbero confluire in un dataset comprensivo delle erogazioni di mutui green.
Le informazioni sull’EE delle abitazioni sono peraltro richieste dalle banche di maggiori dimensioni ai fini di disclosure nell’ambito del c.d. Pillar 363 e potrebbero essere utilizzabili anche per la valutazione degli immobili che rappresentano il collaterale ai mutui concessi dalle banche.
I benefici per il sistema
La presenza di maggiori informazioni sui risparmi energetici, e quindi sul reddito disponibile aggiuntivo in capo alle famiglie, e sul valore del collaterale potrebbe facilitare la differenziazione dei tassi offerti dalle banche sui mutui green, con vantaggi per il consumatore finale. Tali informazioni consentirebbero alle banche di integrare le informazioni sull’efficienza energetica nel processo di concessione del credito per un adeguamento del pricing del prodotto e una corretta valutazione del merito creditizio della controparte. Considerato che sempre più clienti tengono conto nelle loro scelte dell’orientamento alla sostenibilità dei fornitori, le banche che offrono prodotti verdi potrebbero più facilmente espandere la loro quota di mercato.
Infine lo sviluppo del mercato dei green bond, da un lato, e quello dei mutui green, dall’altro, creerebbero un circolo virtuoso a favore della green economy con benefici anche reputazionali per le banche.