Il rischio climatico fa sempre più spesso la sua comparsa negli studi della Banca d’Italia, che ne indaga le ripercussioni in termini di rischi per il comparto dei mutui immobiliari. L’ultima analisi in ordine di tempo è la pubblicazione Questioni di economia e finanza n. 925 dal titolo “Il rischio climatico da inondazione costiera sui mutui residenziali a Rimini”, diffuso ieri da Palazzo Koch.
L’analisi delle perdite attese sul portafoglio mutui
Il rischio di inondazioni costiere è in crescita a causa del cambiamento climatico. Il lavoro a firma di Ivan Faiella e Luciano Lavecchia stima l’impatto atteso di questi eventi sul portafoglio mutui di alcune banche operanti nel comune di Rimini, un territorio particolarmente esposto a quel rischio. L’analisi considera diversi scenari futuri, con e senza misure di adattamento; tra queste ultime si valuta in particolare l’impatto del Parco del mare, una barriera costiera per contenere l’aumento del livello del mare.
Le misure di adattamento riducono sensibilmente le perdite attese nel portafoglio mutui, con una marcata eterogeneità tra gli intermediari. L’analisi evidenzia significative lacune nella quantità e qualità dei dati; tali informazioni, in particolare quelle relative alla localizzazione degli immobili esposti e ai danni che potrebbero subire nel caso si materializzasse l’evento, sono essenziali per una valutazione accurata dei rischi fisici derivanti dal cambiamento climatico.
I presupposti di partenza
Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato a livello globale, con una temperatura di 1,5° C in più rispetto al periodo pre-industriale. Anche in Italia, l’andamento della temperatura mostra un marcato aumento negli ultimi anni: le anomalie di temperatura rispetto alla media storica sono state sempre positive a partire dal 1985 (con l’unica eccezione del 1991 e del 1996).
Una valutazione accurata dei rischi climatici è limitata dalla scarsa disponibilità di informazioni e di metodologie adeguate. In particolare, il singolo intermediario ha la necessità di una valutazione che questi rischi siano calcolati a livello di singolo attivo esposto.
“In questo lavoro ci concentriamo sui fenomeni cronici legati al cambiamento climatico e in particolare al rischio di inondazione costiera e ai suoi effetti per il sistema finanziario, basandoci su dati con un elevato livello di granularità riguardo al valore degli attivi esposti. In particolare, presentiamo una valutazione preliminare dell’impatto sul portafoglio mutui delle banche esposte al rischio costiero i cui attivi sono localizzati nella città di Rimini”, spiegano gli autori.
La scelta di Rimini è legata alla realizzazione di un intervento di difesa costiera nella zona sud della città, il Parco del mare, con un’altezza di 2,8 metri sul livello del mare, per un costo complessivo di 33,3 milioni di euro. Un’estensione alla zona nord della città risulta già finanziata e in corso di realizzazione.
L’esercizio ha lo scopo di mostrare ai diversi stakeholders quali informazioni siano necessarie, e con quale livello di dettaglio spaziale, con l’obiettivo di fornire uno strumento, in particolare agli intermediari finanziari, per poter procedere a una stima dei rischi fisici dei cambiamenti climatici, integrando nelle loro procedure standard di raccolta delle informazioni quei dati che sono fondamentali affinché le valutazioni di erogazione del credito siano quanto più possibili accurate.
Le evidenze
I risultati evidenziano una significativa eterogeneità dell’impatto tra gli intermediari. Inoltre, la barriera costiera riduce sensibilmente le perdite nel portafoglio mutui (non azzerandole dato il parziale completamento della stessa).
Considerato che oltre un terzo della popolazione italiana risiede in comuni costieri, che la densità della popolazione è quasi doppia e che la pressione turistica è in aumento (Istat, 2022), gli intermediari devono valutare accuratamente se il valore degli attivi a garanzia dei prestiti, incorpori o meno tutti i rischi (inclusi quelli di erosione costiera).
La scelta degli scenari e delle variabili di riferimento (i tempi di ritorno nel caso di studio) dipendono dalla sensibilità e dalle scelte strategiche dell’intermediario.
“Riteniamo il nostro semplice esercizio inoltre utile per segnalare alcuni suggerimenti in merito al processo di raccolta dati e in particolare”, precisano gli autori.
In particolare, quanto alla raccolta dati emergono 5 punti critici:
- la mancanza di un questionario standardizzato rende la raccolta dati delle banche complessa e non consente confronti uniformi ed aggregazioni delle informazioni;
- negli indirizzi forniti la presenza di informazioni non corrette e, talvolta, la mancanza di informazioni fondamentali (come il numero civico) rendono imprecisa la geolocalizzazione dell’immobile inficiando la corretta valutazione dei rischi in circa un quinto dei casi, un valore significativo;
- la mancanza di informazioni sul piano dell’abitazione non consente una analisi compiuta della vulnerabilità (gli appartamenti al piano terra sono più esposti al rischio di alluvioni rispetto a quelli ai piani superiori);
- anche la segnalazione di polizze assicurative contro i rischi catastrofali, che indicano anch’esse una minore vulnerabilità e rischiosità per l’intermediario, non sono disponibili. Sarebbe importante per l’intermediario acquisire tale informazione anche per prestiti già concessi;
- in generale sarebbe auspicabile predisporre strumenti di compilazione automatica e/o validazione direttamente nei gestionali delle banche, così da assistere i funzionari nel momento della compilazione delle informazioni. Il confronto con i dati catastali consentirebbe di fare una verifica ulteriore di congruità (ad es. per il piano e la correttezza degli indirizzi).
Estendere l’approccio ad altri rischi fisici
Ivan Faiella e Luciano Lavecchia suggeriscono infine di estendere l’approccio ad altri rischi fisici (ad es. il rischio idrogeologico) e su altre variabile di interesse per gli intermediari (valore degli immobili dati a garanzia, PD e LGD, livelli dei tassi di interesse).
“Tale estensione richiede però che l’insieme delle informazioni disponibili abbia un adeguato livello di granularità, che le informazioni raccolte siano corrette per consentire di minimizzare gli errori quando vengono unite con altre fonti e che queste siano facilmente reperibili dagli analisti che devono provvedere alla valutazione di tali rischi”, concludono.