Banca d’Italia: Superbonus 110%, scarso rapporto costo-efficacia. Il giudizio di Palazzo Koch sull’impatto macroeconomico e sulle finanze pubbliche

L’aliquota del 110% accordata con il Superbonus ha rappresentato un unicum nel panorama internazionale. Insieme alla possibilità dello sconto in fattura o della cessione del credito, ha indubbiamente costituito un volano senza precedenti dei lavori di riqualificazione energetica, stimolando investimenti addizionali con impatti macroeconomici non trascurabili, che tuttavia ha prodotto criticità sotto molteplici aspetti, in primis sotto il profilo delle finanze pubbliche. A stilare un bilancio provvisorio sul Superbonus è la Banca d’Italia, che ne ha analizzato l’impatto macroeconomico e sulle finanze pubbliche, ma anche la questione della cedibilità e altri aspetti critici.

L’occasione è il n. 845 delle Questioni di economia e finanza della Banca d’Italia, dal titolo “Il miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni in Italia: lo stato dell’arte e alcune considerazioni per gli interventi pubblici”.

L’analisi, firmata da G. de Blasio, R. Fiori, L. Lavecchia, M. Loberto, V. Michelangeli, E. Padovani, E. Pisano, M. L. Rodano, G. Roma, T. Rosolin e P. Tommasino, è dedicata al quadro normativo nazionale in materia di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici e fornisce dati sulle caratteristiche delle abitazioni italiane e dei loro occupanti. In tale ambito, riassume la letteratura su costi e benefici degli investimenti in efficienza energetica e sul ruolo del settore pubblico, degli intermediari finanziari e del settore privato. E, sulla base dell’esperienza italiana e di altri Paesi, formula alcune considerazioni per il disegno degli interventi pubblici volti a favorire il miglioramento dell’efficienza energetica.

Il giudizio sul Superbonus

Impatto sulle finanze pubbliche. Secondo gli analisti della Banca d’Italia, il costo del Superbonus per l’erario è stato ingente e “ben superiore a quello inizialmente stimato”. Sulla base dei dati disponibili, i crediti di imposta maturati fino alla fine del 2022, insieme a quelli dovuti per il Bonus facciate, dovrebbero essere stati complessivamente pari a circa 90 miliardi. Per il 2023, si può valutare che i crediti maturati per il Superbonus siano stati di poco inferiore ai 80 miliardi.

Cost-effectiveness della misura. Rispetto all’obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti, “nonostante non siano ancora disponibili valutazioni rigorose dell’impatto della misura sotto il profilo ambientale, le tipologie di interventi incentivati non risultano essere tra le più efficaci e conseguirebbero risultati modesti in termini di abbattimento delle emissioni di co2”. Il Superbonus si connoterebbe quindi per uno scarso rapporto tra costi sostenuti ed efficacia della misura: in base alle prime evidenze, infatti, nello scenario migliore, i benefici ambientali del Superbonus ripagherebbero i costi finanziari in circa 40 anni. Altre stime suggeriscono come il tempo di ritorno sia superiore alla vita attesa degli specifici interventi anche con ipotesi di social cost of carbon particolarmente penalizzanti (Oipe, 2023).

Impatto macroeconomico. Sotto il profilo della capacità di stimolare investimenti addizionali, secondo analisi preliminari, nel biennio 2021-22 la spesa aggiuntiva dovuta ai bonus è stata pari a circa due terzi del valore degli investimenti che hanno goduto delle agevolazioni. Accanto a quella addizionale, vi è infatti una quota di spesa che le famiglie avrebbero effettuato anche in assenza di agevolazioni (sia relativa a progetti già programmati sia a progetti che ne hanno sostituiti altri di importo simile). È peraltro probabile che il bonus facciate e il Superbonus abbiano determinato, in alcuni casi, una ridefinizione dei piani di investimento delle famiglie, con un’anticipazione al biennio 2021-22 di spese programmate per anni successivi.

Aspetti distributivi. Sotto il profilo distributivo, il Superbonus, come altri incentivi edilizi, essendo fruibile indipendentemente dalla condizione reddituale, si configura come una misura regressiva; tuttavia, la possibilità dello sconto in fattura o della cessione del credito ne ha attenuato questa natura.

La questione della cedibilità. Con riguardo alla trasformazione della detrazione in credito cedibile, gli studiosi della Banca d’Italia ricordano che tale strumento non era nuovo nell’ordinamento italiano: “questa possibilità esisteva anche prima del 2020 per agevolazioni quali lo stesso Ecobonus, ma la cessione era ammessa solo nei confronti di soggetti collegati al rapporto che aveva dato origine alla detrazione (ad es. le imprese che effettuavano i lavori), con espressa esclusione delle Amministrazioni pubbliche e delle banche”. Il motivo era da rintracciarsi nelle regole di contabilità pubblica in base alle quali la cedibilità a tali soggetti può comportare la classificazione di tali strumenti come “payable”, con un diverso impatto sulla distribuzione temporale degli oneri ai fini del calcolo dell’indebitamento netto.
L’estensione del regime della cedibilità a tutti i bonus edilizi e l’inclusione delle banche nella platea di cessionari – unitamente all’aliquota del 110% e all’iniziale semplicità delle modalità di cessione – hanno dato origine a un vero e proprio mercato di questi crediti, che presto sono arrivati ad assorbire la quasi totalità della capienza fiscale degli istituti finanziari”, precisa il quaderno n. 845 di economia e finanza. Questo ha indotto le autorità statistiche a riclassificare i crediti derivanti dal Superbonus come payable, includendoli nell’indebitamento netto e determinando una revisione in aumento del disavanzo pubblico (di quasi tre punti di PIL nel 2022).
Entro la metà del 2024 le autorità statistiche valuteranno nuovamente il trattamento contabile delle agevolazioni, prendendo atto delle rilevanti modifiche apportate alla fruibilità del credito e degli andamenti sul mercato dei crediti cedibili (in particolare, del grado di difficoltà nell’effettiva cessione). Nel complesso, queste incertezze inerenti alla contabilizzazione dello strumento contribuiscono a “rendere meno trasparente la sua valutazione e più difficoltosa la programmazione di bilancio”.

Altri aspetti critici. Nel caso dei Superbonus, la misura della agevolazione al 110% ha eliminato qualsiasi forma di partecipazione dei beneficiari al costo, contribuendo all’aumento dei prezzi nel settore edilizio (dovuto anche all’eccesso di domanda di beni e di lavoro rispetto all’offerta disponibile) in un contesto, quello di uscita dalla crisi generata dalla pandemia, che già soffriva di significativi colli di bottiglia e tensioni sui mercati di diverse materie prime e prodotti. L’insufficienza di presidi antielusivi ha comportato l’emergere di elevati volumi di frodi (in larga parte, riconducibili al bonus facciate). Per contrastare tali effetti, tra l’altro, sono state adottate misure volte a rafforzare i controlli preventivi, si sono introdotti dei prezziari e sono state imposte restrizioni alla circolazione dei crediti. Queste ultime, tuttavia, hanno prodotto un ingessamento del mercato dei crediti, che non riuscivano più a essere ceduti. Questa circostanza ha indotto il legislatore a rivedere le restrizioni allargando il ventaglio di opzioni di utilizzo dei crediti; soluzioni che, tuttavia, non sono state sufficienti a eliminare il problema degli incagli.