Il governo di sua maestà Elisabetta II rischia di non rivedere più i 66 miliardi di sterline investiti nel 2008 per il salvataggio della Royal Bank of Scotland e del Lloyds Banking Group. L’avvertimento è stato lanciato nei giorni scorsi dalla Commissione parlamentare delle finanze pubbliche britannica.
“I 66 miliardi di sterline spesi per acquistare titoli di Rbs e Lloyds potrebbero non essere mai più recuperati e il Tesoro deve anche assicurarsi che sarà pronto a gestire eventuali future crisi”, ha scritto la commissione in un rapporto.
A seguito del salvataggio intrapreso nel 2008, lo Stato britannico detiene attualmente l’81% di Rbs e il 39,6% di Lloyds. La commissione si è mostrata estremamente critica sulla gestione della crisi finanziaria da parte del governo, accusando apertamente il Tesoro di aver preso “parte a un fallimento collettivo di proporzioni monumentali” a causa della sua “incapacità di comprendere come il boom del settore bancario poteva sfociare in una crisi”.
Secondo quanto riportato dai giornali britannici, nel terzo trimestre del 2012 la banca fondata a Edimburgo nel 1727 ha registrato perdite per circa 1,7 miliardi di euro, rispetto a un utile di 1,53 miliardi con il quale aveva chiuso lo stesso trimestre dell’anno passato.
Il risultato negativo del periodo luglio-settembre si aggiunge a quello del primo semestre dell’anno, che ha fatto sì che nei primi 9 mesi la banca scozzese sia stata colpita da perdite per 4,2 miliardi di euro. In netta diminuzione anche i ricavi dell’istituto, passati da 10,7 a 6 miliardi di euro.
Attualmente i vertici dell’azienda sono ancora in cerca di un acquirente per le 316 filiali della banca, dopo che il Banco Santander ha ritirato la proposta in precedenza avanzata. Questa transazione dovrebbe essere effettuata entro il 2013, per rispondere alle norme Ue relative alla ricezione di aiuti pubblici da parte degli istituti di credito.
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