Banche: il futuro riserva molte sorprese e competitors inattesi

L’analisi rivela un futuro poco roseo per le grandi banche, vittime della regolamentazione – compliance e risk mitigation – che potrebbe distoglierle dal focus sul cliente, e del retaggio di un network fatto di troppe filiali, figlie di uno sviluppo avvenuto in un’epoca in cui l’era tecnologica sembrava ancora lontana.

I cambiamenti ipotizzabili, secondo la ricerca, sono riconducibili al sempre maggior potere in mano al cliente, che non consentirà di contare sulla sua fedeltà né su alcuna forma di inerzia: il consumatore è sempre più “mobile”, in grado di confrontare, di informarsi, di utilizzare la tecnologia per comparazioni  veloci e per acquisire notizie e opinioni che lo aiutino in una qualsiasi scelta – quale banca, quale prodotto finanziario, quali condizioni-.

Le banche stanno già perdendo il loro status di “one stop shop”: i clienti non si fermano più nella stessa banca per avere tutti i servizi e i prodotti creditizi e finanziari di cui hanno bisogno, ma scelgono di volta in volta in quale istituto di credito è più conveniente aprire un conto corrente in una, in quale accendere un mutuo e da quale farsi consigliare  gli investimenti finanziari.  I clienti sono diventati infedeli e accorti, ricercano soprattutto qualità e trasparenza, chiedono di più, fidandosi meno.  Un atteggiamento che condurrà ad una selezione naturale  del mercato, che scremerà notevolmente il mondo bancario.

Il futuro delle banche si giocherà tra l’impiego intelligente delle tecnologie e l’enfasi del servizio in filiale con un’attenzione in particolare ai segmenti di clientela più abbiente.

I network bancari, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa, entro un decennio dovranno razionalizzare le filiali sul territorio – si calcola che il 50% di quelle attualmente presenti siano da considerarsi obsolete- per rispondere agli effetti dell’avanzamento tecnologico e della sofisticazione finanziaria dei clienti.  Saranno sempre meno i clienti disposti a recarsi allo sportello, affrontare troppi addetti, scontrarsi con troppe inefficienze. Ciononostante, il “branch network” non sparirà, ma dovrà adeguarsi alle nuove necessità. Si assisterà, in tutto il mondo, alla sperimentazione di format e location, alla ricerca del giusto mix che sappia coniugare le nuove esigenze dei clienti: le filiali potranno essere uno strumento di brand, un punto informazioni e di contatto, sviluppato tecnologicamente, e dovranno focalizzarsi sul servizio di vendita e di costruzione di una relazione, preventivando che tutto ciò avverrà mediante l’uso delle tecnologie e tramite call center. I servizi di gestione della ricchezza, in particolare dei patrimoni immobiliari, sarà un altro terreno di battaglia anche per i gruppi specializzati in real estate strategy, e riguarderà sia i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo.

Nei Paesi sviluppati il downsizing interesserà molti gruppi che hanno fondato la propria strategia sulla presenza territoriale, ma resisteranno anche alcuni coraggiosi – come già Chase in America – e arriveranno, inoltre, nuove banche che contribuiranno al mantenimento delle strutture bancarie “fisiche”: nel Regno Unito, Metro Bank, Virgin Money, NBNK e Tesco stanno cercando di espandersi; gli ipermercati potrebbero rappresentare un canale interessante, poiché già  presenti capillarmente con le proprie strutture alle quali accedono quotidianamente migliaia di clienti, spesso fortemente fidelizzati. L’Europa vedrà anche l’incursione di banche provenienti dai Paesi in via di sviluppo – dall’Asia, America Latina, Africa – interessati a perseguire una logica di “impara, diversifica, poi cresci”, basata sulle opportunità rappresentate dai comparti dei depositi e dei prestiti.

Per le banche che manterranno un assetto di network tradizionale nel mondo sviluppato si prospettano nuove sfide all’orizzonte, improntate sull’ opportunità di adeguare il vecchio sistema bancario all’era virtuale. Dovranno configurarsi in modo da non risultare mai obsolete, puntando su una maggior segmentazione, riservando il servizio di consulenza face-to-face a prodotti più sofisticati e a fasce di clientela selezionate, mentre le postazioni hi-tech prenderanno il posto delle filiali tradizionali anche per fornire informazioni e consigli alla maggior parte della clientela e per la maggior parte dei prodotti.

Nel mondo sviluppato, la crescente coscienza finanziaria da parte dei clienti porterà, nel prossimo decennio, a tre specifici trend:

  • indipendenza: il cliente sfiduciato chiede sempre più poter controllare le proprie finanze, pretendendo una relazione “adulta” con la banca, alla quale chiede imparzialità, qualità dell’informazione, rapporti schietti ed onesti.

  • semplicità: il cliente chiede velocità e facilità di utilizzo dei mezzi a disposizione (call centre, siti, bancomat), che dovranno essere intuitivi e user-friendly.

  • etica: la percentuale di consumatori che dichiara fiducia nella propria banca è crollata dal 56% del 2008 al 40% nel 2012; il cliente cerca trasparenza e onestà.

Oltre all’online banking, esistono infatti ulteriori sistemi tecnologici in cui i network bancari potrebbero investire: le app dedicate alla finanza degli smarphone  sono già realtà, e si fanno strada la possibilità di effettuare trasferimenti di denaro e pagamenti (Chase Bank), anche tra utenti (ING e Barclays sfruttano le tecnologie “bumb”), e di depositare assegni (upload di una foto dell’assegno stesso); e non è certo utopistico parlare di GPS marketing, postazioni informative touchscreen, barcode, firma digitale…

Tecnologie che le compagnie telefoniche in primis stanno sfruttando, e presto saranno in grado di competere con le banche su vari servizi connessi al trasferimento di denaro e ai pagamenti. In molti Paesi africani e orientali l’”M-banking” (il mobile banking) è già realtà e ha conosciuto uno sviluppo notevole negli ultimi anni: in Kenia, Algeria, Sudan e Gabon oltre il 50% degli adulti utilizza questo sistema per le operazioni di moneytransfer, il che è facilmente spiegabile se si pensa alle problematiche connesse alla logistica e alle infrastrutture di questi Paesi.

Anche nei Paesi sviluppati il mobile banking ha buone prospettive di emergere, come dimostrano le analisi e i sondaggi che indicano come crescente la quota di clienti che si sente malservita e scarsamente considerata dall’attuale sistema bancario, e quindi potenzialmente predisposta ai cambiamenti e alle novità.

Le banche dovranno compiere un grande sforzo anche per recuperare un’immagine in grado di suscitare nella clientela sentimenti di fiducia, soddisfazione e fedeltà; la via maestra in questo senso è rappresentata dalla capacità di interagire in nuovi e migliori modalità con clienti che andranno riconsiderati e rivalutati.

Questo accade nei Paesi sviluppati e riguarda soprattutto le banche nazionali, che invece nei Paesi emergenti godono di un’immagine più positiva e forte, innanzitutto perchè non sono considerate responsabili per il collasso dell’economia globale. Inoltre, in questi Paesi le banche hanno saputo costruire una fiducia di lungo termine e patriottica – l’81% di un campione di 20.000 consumatori asiatici ha dichiarato di preferire un rapporto con una banca locale (fonte McKinsey)- Questo fattore potrebbe intimidire banche straniere interessate ad espandersi, nonostante la saturazione della presenza bancaria in molti dei Paesi in via di sviluppo sia ancora molto bassa. Le opportunità di crescita per le banche in queste zone del mondo esistono soprattutto in virtù della crescita della ricchezza, dei redditi, delle capacità di risparmio e di investimento che accomunano ampie percentuali di popolazione in Indonesia, India, Cina, Egitto, Sud Africa, Marocco, Brasile, Messi, Ucraina, Turchia, Russia, Cile, Arabia Saudita, la maggior parte dell’Europa dell’Est.

In entrambi i mondi – quello sviluppato e quello emergente- la parola chiave per le banche che vorranno vincere le sfide del futuro sarà la medesima: innovazione, intesa anche come capacità di reinventarsi per disegnare una nuova immagine e per adeguarsi ai cambiamenti che, nella società, sono in atto già da tempo.

In Italia, soprattutto nei prossimi anni, sarà la relazione con il cliente a rappresentare il vero punto di svolta per gli operatori che intendono competere sul mercato del Bel Paese. In particolare il comparto mutui, che oggi più che mai mostra la sua sensibilità ai fattori socio-eco-politici, sarà un terreno sul quale gli operatori del credito si daranno battaglia e dal quale usciranno vincitori solo quelli in grado di innovarsi.

Infatti, l’analisi condotta riporta all’attenzione le necessità di rinnovamenti in un mercato bloccato, che compromette l’andamento anche del settore immobiliare, generando una situazione dalla quale sarà complicato uscire mantenendo immutato il sistema attuale.

In Italia, dove l’on-line ha cominciato da relativamente poco tempo ad acquistare un peso degno di nota, la relazione “fisica” tra banca e cliente è ancora un fattore importante, soprattutto nel caso di prodotti finanziari e dei mutui, che necessitano di una consulenza specifica, e soprattutto perchè vengono sottoscritti da consumatori tra i 35 e i 45 anni e oltre, una fascia di clientela che ancora predilige il rapporto face-to-face. Ciò che però anche qualsiasi italiano evita volentieri è la trafila burocratica e il rapporto con personale non –o poco- competente, le lungaggini delle file agli sportelli e gli interminabili moduli da compilare. Ecco che la consulenza specifica e il servizio dedicato diventano dei surplus, elementi fondamentali in grado di fare la differenza.

Ma le banche riusciranno a svolgere questa funzione, specialmente in vista di operazioni di ridimensionamento? Molti grandi gruppi prevedono sul piano strategico un’ottimizzazione logistica delle proprie sedi, che negli ultimi anni si erano moltiplicate anche per effetto di acquisizioni di banche minori, ma alla perdita della capillarità territoriale non corrisponderà una compensazione di alcun tipo. E a questo si somma la perdita di tutti i clienti ai quali è stato rifiutato un finanziamento, che saranno ancora più difficile da riconquistare.

È allora ipotizzabile che qualificate reti di consulenti del credito suppliscano a questa funzione, divenendo una sorta di “estensione” delle banche direttamente sul campo, presso il cliente, in grado di fornire un servizio migliore di quello che piccole e piccolissime filiali sul territorio, inviluppate in meccanismi burocratici, già ora difficilmente riescono ad assicurare.

Le reti terze, focalizzate sul servizio e sul cliente, rappresentano il futuro più prossimo per le banche intenzionate a non perdere quote di mercato in Italia ma costrette a perdere la propria capillarità territoriale.