Si è svolto oggi a Palazzo Altieri a Roma l’incontro negoziale per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro del credito, tra le organizzazioni sindacali e la delegazione del Casl Abi, in cui era presente anche la rappresentanza di Intesa Sanpaolo. I prossimi incontri si svolgeranno i giorni 11 e 12 ottobre.
L’Abi ha espresso il proprio intendimento di proseguire la trattativa individuando un proprio ordine di aree tematiche, accompagnando a tale esposizione un documento, contestualmente consegnato alle organizzazioni sindacali.
Le richieste dei sindacati
“Le ooss, a tale riguardo, hanno immediatamente eccepito che il metodo di lavoro nel prosieguo della trattativa non può che partire, invece, dalla piattaforma unitaria, approvata nelle assemblee delle lavoratrici e dei lavoratori, e da un confronto puntuale sui temi e sulle argomentazioni ivi contenute, riservandosi ad ogni modo una attenta valutazione del testo di abi. Le ooss hanno ribadito che gli straordinari risultati conseguiti dal settore, confermano la fondatezza delle rivendicazioni contenute in piattaforma, a cominciare da quella economica dei 435 euro medi di aumento mensile, e hanno stigmatizzato, tra l’altro, il gap di assunzioni rispetto agli impegni assunti e agli accordi sottoscritti nelle aziende. Le ooss hanno sottolineato la centralità del contratto nazionale come sede di individuazione delle soluzioni organizzative, delle prospettive future del settore, della trasformazione digitale e come presidio della funzione sociale delle banche per lo sviluppo del Paese”, si legge in un comunicato stampa congiunto.
I sindacati hanno ribadito che, a seguito della comunicazione sindacale all’Abi relativa a tfr e fungibilità dei quadri direttivi, le norme transitorie sono decadute e non sono oggetto di contrattazione. Hanno poi richiesto all’Associazione bancaria italiana di avviare un confronto e ricercare le necessarie soluzioni condivise anche rispetto all’impatto dell’aumento dei tassi Bce sui mutui e, in generale, sulle condizioni materiali delle famiglie, a partire da quelle delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti del settore. Inoltre è stata ribadita l’assoluta urgenza di individuare soluzioni al problema degli aggravi dovuti alla penalizzante normativa sui fringe benefit.
Hanno ricordato che le banche per la loro funzione sociale, da svolgere anche nell’attuale difficile congiuntura economica, sono chiamate a remunerare adeguatamente le giacenze sui conti correnti in favore della clientela ed evitare pertanto indebite pressioni commerciali nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Il commento della Fabi
“Dall’Abi, nei prossimi incontri, fissati per l’11 e il 12 ottobre, ci aspettiamo risposte puntuali, non superficiali, ma di contenuto, e politicamente dettagliate, su ogni singolo argomento della piattaforma rivendicativa approvata dalle lavoratrici e dai lavoratori bancari – ha dichiarato detto il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni -. È quella la base sulla quale discutere il nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria ed è venuto il momento che Abi esca allo scoperto. Quello che dobbiamo negoziare è un contratto fondamentale per la tenuta dell’industria bancaria, per la sua trasformazione e per la sua sostenibilità nel tempo: pretendiamo, perciò, dall’Associazione bancaria italiana anche un quadro d’insieme, una valutazione del settore e dei singoli gruppi, comprese analisi e considerazioni su eventuali aggregazioni e fusioni oltre che sul futuro del Monte dei Paschi di Siena”.
Il segretario generale della Fabi ha poi sottolineato che “la politica di riduzione dei costi è già stata pagata nei gruppi” e che per quanto riguarda la richiesta di aumento economico, pari a 435 euro medi mensili, “il punto di partenza è sempre l’ampia disponibilità offerta sul punto dal ceo di Intesa, Carlo Messina, e chi è contrario deve dirlo apertamente. Ieri l’amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel, ha detto che la nuova tassa sugli extraprofitti a carico delle banche, che sarà meno di 2 miliardi di euro in tutto, non pregiudicherà i dividendi da 6,5 miliardi che il gruppo pagherà agli azionisti: di fronte a queste parole, sarà difficile non dare 435 euro ai dipendenti”. Durante la riunione, il segretario generale della Fabi ha posto sul tavolo il tema dei mutui cosiddetti “fringe benefit”: “A causa dell’aumento dei tassi d’interesse e di vecchi meccanismi normativi, sui prestiti agevolati concessi dalle banche, i dipendenti stanno pagando conguagli fiscali altissimi. Pertanto, chiediamo all’Abi la posizione ufficiale e cosa intendono fare le banche e i gruppi di fronte a un problema che riguarda 70.000 lavoratrici e lavoratori”.