“Dopo anni passati a camminare sul ciglio del burrone, attenti a non cadere, il covid-19 ha in maniera tanto improvvisa quanto violenta fatto sterzare dallo status quo a cui gli italiani erano ormai abituati: la temuta caduta c’è stata, il salto verso il basso è iniziato e non si sa quanto durerà”. Così il Censis ha descritto l’effetto della pandemia da coronavirus sulla società italiana nel 54° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2020, diffuso oggi.
Definendo quello in corso come “l’anno della paura nera”, il Censis ha parlato del sistema-Italia come di “una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti”.
Privi di un Churchill a fare da guida nell’ora più buia, capace di essere il collante delle comunità, l’istituto di ricerca ha additato nel nostro modello individualista il migliore alleato del virus, unitamente ai problemi sociali di antica data, nonché alla rissosità della politica e ai conflitti interistituzionali.
Il re è nudo: le paure allo scoperto
“Così come nell’emergenza abbiamo trascurato i malati “ordinari”, uno degli effetti provocati dall’epidemia è di aver coperto sotto la coltre della paura e dietro le reazioni suscitate dallo stato d’allarme le nostre annose vulnerabilità e i nostri difetti strutturali, del tutto evidenti oggi nelle debolezze del sistema – l’epidemia ha squarciato il velo: il re è nudo! – e pronti a ripresentarsi il giorno dopo la fine dell’emergenza più gravi di prima”, prosegue.
Spaventata, dolente, indecisa tra risentimento e speranza: così dipinge l’Italia nell’anno della paura nera, l’anno del Covid-19. “Il 73,4% degli italiani indica nella paura dell’ignoto e nell’ansia conseguente il sentimento prevalente in famiglia. In questi mesi, il 77% ha visto modificarsi in modo permanente almeno una dimensione fondamentale della propria vita: lo stato di salute o il lavoro, le relazioni o il tempo libero”, precisa il Rapporto.
Gli indicatori economici
La verifica degli indicatori economici dà contezza della crisi: “nel secondo trimestre dell’anno, quello del lockdown totale, il Pil è crollato in termini reali del 18% rispetto all’anno scorso, gli investimenti del 22,6%, i consumi delle famiglie del 19,1%, l’export del 33%”.
Il risparmio: liquidità nei conti correnti mai così alta nei primi 6 mesi dell’anno
A giugno 2020 la liquidità (monete, biglietti e depositi a vista) nel portafoglio finanziario degli italiani ha registrato un aumento del 3,9% rispetto dicembre 2019, per un totale di 41,6 miliardi di euro. “Non era mai successo che nei primi 6 mesi dell’anno il cash parcheggiato nei conti correnti raggiungesse queste proporzioni: nella prima metà del 2019 l’incremento fu di 18,1 miliardi di euro e nel 2016, l’anno in cui si raggiunse il picco più alto, si fermò a 25 miliardi – spiega il Censis -. La corsa a vele spiegate alla liquidità è resa evidente anche dal parallelo crollo delle risorse riversate in azioni (-63,1 miliardi di euro nello stesso periodo, -6,8%), obbligazioni (-11,2 miliardi, -4,6%), quote di fondi comuni (-23,1 miliardi, -5%). Il risultato è che a giugno 2020 nel patrimonio finanziario degli italiani, arrivato a un valore complessivo di quasi 4.400 miliardi di euro (+1% rispetto al giugno 2019), la voce contante e depositi bancari ha acquistato un ulteriore peso, passando da una quota del 32,9% nel giugno 2019 al 34,5% nel giugno 2020”.
Fatta eccezione per le riserve assicurative (passate dal 25,1% al 26,1%), tutte le altre voci diminuiscono: le obbligazioni passano dal 6,5% al 5,6%; le azioni e altre partecipazioni, dal 21,6% al 20,6%; le quote di fondi comuni, dal 10,9% al 10,5).
“Così, il 66% degli italiani si tiene pronto a una nuova emergenza sanitaria adottando comportamenti di cautela come mettere i soldi da parte ed evitare di contrarre debiti: una strategia difensiva adottata largamente. Anche perché, in un quadro emergenziale in cui gli aiuti dello Stato ci sono stati, ma che il 75,4% degli italiani valuta come insufficienti o giunti in ritardo, per esperienza diretta o indiretta, attraverso familiari e amici, rafforzare le proprie autodifese attraverso i risparmi è la strategia migliore per applicare una resistenza attiva all’emergenza economica e sociale”, conclude il Censis.
La politica e le linee di azione
In questa drammatica condizione il nostro “Paese non può restare intrappolato in parole tanto rassicuranti quanto povere di significato, utili a enfatizzare un impegno generico di programmazione, ma difficilmente capaci di riconnettere la società in un partecipe desiderio di ricostruzione: la resilienza, la mobilità sostenibile, la digitalizzazione dell’azione amministrativa, la rete unica ultraveloce, l’economia verde, l’investimento sui giovani. Tutti avvertono, invece, che per rimettere in cammino l’economia e risaldare la società occorrono interventi concreti e in profondità, che il puro gioco di controllo e mediazione delle variabili sociali è fuori dal tempo”.
Gli ambiti di intervento. In questa prospettiva, secondo il Censis, si impone una selezione degli ambiti d’intervento. Prima di tutto sul sistema delle entrate: un nuovo schema fiscale. “La riduzione, generalizzata e indistinta, delle tasse e dei prelievi fiscali non appare un obiettivo coerente, non almeno nel breve periodo, con la dimensione del debito pubblico e con gli impegni a sostegno del reddito e della crescita assunti dal Governo. Altrettanto evidente è che non sono più tollerabili le distorsioni che pongono a carico degli onesti l’illegalità degli evasori”, precisa.
Il secondo intervento deve riguardare il sistema delle uscite, con un ripensamento della qualità degli investimenti. “Uscendo dall’indistinto aiuto a tutti, dall’impegno al ristoro come sussidio generalizzato, riconducendo in una percorribile politica industriale la pletora di microinterventi già decisi o in via di approvazione”, si legge nel report.
In terzo luogo, per l’istituto di ricerca si rende necessario ripensamento strutturale dei sistemi e sottosistemi territoriali, con un dibattito sul Mezzogiorno che precipitosamente affonda e una nuova questione settentrionale che si impone.
Le risposte del sistema politico. La classe politica, secondo il Censis, ha scelto di non vedere il pericolo di regressione che, superata la fase più acuta dell’emergenza, la concessione a pioggia di bonus andava accrescendo. “Ha offerto, a richiesta, la promessa di aiuti indistinti, il caricamento di crediti d’imposta senza limiti, la gestione concentrata nel vertice delle decisioni, la rimozione dei raccordi tra il contenimento di congiunturali picchi di sofferenza e il perseguimento di precisi obiettivi di medio periodo”, dichiara.
Il Paese che aspetta e ha le competenze per ricostruire. Nelle conclusioni c’è spazio per un cauto ottimismo, almeno sulle capacità di ripresa dell’Italia. “Nel timore e con cautela, il nostro Paese aspetta e sa in filigrana di avere risorse, competenze, intuizione ed esperienza per ripensare e ricostruire a freddo i sistemi portanti dello sviluppo, che dal suo geniale fervore traspira rapido il nuovo. Attende di sentire di nuovo, quando dopo le lacrime altro non si avrà da offrire che fatica e sudore, il richiamo a rimettere mano al campo, senza volgersi indietro, guardando e gestendo il solco, arando diritti”, conclude il 54° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2020.