Forse passerà alla storia come l’11 settembre degli intermediari del credito. O forse sarà ricordata solo come un brutto sogno. Al momento l’unica certezza riguardo agli effetti concreti della sentenza della Corte di Giustizia Europea n. C-383/18, emanata appunto l’11 settembre 2019 e meglio nota con il nome di Sentenza Lexitor, è che i dubbi superano di gran lunga i punti fermi. Per approfondire insieme a esperti e addetti ai lavori le possibili ripercussioni che la decisione dei giudici del Lussemburgo potrebbe avere sul settore della cessione del quinto l’Ufi, Unione finanziarie italiane, ha organizzato a Roma un momento di dibattito e confronto che ha visto la partecipazione, come relatori, di Antonio Catricalà, presidente dell’Oam, Organismo agenti e mediatori e già magistrato del Consiglio di Stato e presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Franco Masera, presidente del Gruppo Ibl Banca, Marcello Condemi, presidente dell’Ufi, e Luca Paoletti, vice segretario generale dell’Ufi.
“Questa sentenza è stata scritta da burocrati più che da giudici. Si tratta di una decisione sbagliata”, ha sottolineato nel suo intervento di apertura Catricalà, che in passato ha più volte attaccato il provvedimento della Corte di Giustizia Europea. Per il numero uno dell’Oam la sentenza “va contro l’interesse generale della collettività perché determina tre effetti negativi: un aumento dei costi della cessione del quinto; l’utilizzo di tipi di ammortamento diversi da quello attuale; l’uscita di alcuni operatori dal mercato”. I problemi nascono “dalla cattiva applicazione di principi europei. Per uniformità del diritto, infatti, la sentenza trova applicazione anche nell’ordinamento di Paesi in cui già esisteva una disciplina specifica che dava attuazione alla direttiva europea sul credito, come in Italia”.
Gli articoli 1.754 e 1.755 del Codice Civile italiano definiscono la figura del mediatore, chiarendo che perché si maturi una provvigione sono necessari due fatti storici ben determinati: la messa in contatto delle parti e la conclusione dell’affare. “La storia e la disciplina dell’attività di mediazione in Italia sono ovviamente diverse da quelle di altri Paesi, come la Polonia, Stato nel quale la vicenda che ha dato luogo alla Sentenza Lexitor si è svolta – ha precisato Catricalà -. L’Italia si era già adeguata alla direttiva europea sul credito e quindi gli effetti della sentenza non dovrebbero riguardarla. Dato che la disciplina italiana è migliore di quella polacca, non si comprende per quale ragione la seconda dovrebbe prevalere rispetto alla prima”. Inoltre “i principi stabiliti da una sentenza non possono trovare diretta applicazione nei rapporti tra privati. Se il governo di un Paese europeo ritiene, alla luce della decisione dei giudici, che la disciplina nazionale vada rivista allora potrà eventualmente provvedere in tal senso”.
Per queste ragioni Catricalà ritiene che la questione possa essere risolta con un intervento del legislatore italiano, che dovrebbe intervenire “sottolineando con un provvedimento di chiarimento che in Italia continuerà a rimanere in vigore la precedente normativa che aveva già dato applicazione alla direttiva europea sul credito”.
Per Masera la Sentenza Lexitor ha creato una serie di problemi ma ha avuto anche un effetto positivo, creando “una forte solidarietà tra tutti i soggetti che la reputano iniqua”. Se tale decisione trovasse effettiva applicazione, ha avvertito il numero uno di Ibl Banca, si potrebbe determinare “un contenzioso relativo a circa 2 milioni di contratti di cessione del quinto”. Per scongiurare questa situazione sarebbe necessaria “una revisione normativa da attuare in tempi rapidi, in attesa della quale il problema sarà gestito dall’Abf, l’Arbitro bancario finanziario”.
La Sentenza Lexitor potrebbe configurarsi per Condemi come “manipolativa dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva Ue 2008/48, con effetti che secondo alcune stime potrebbero essere dirompenti sul mercato e sugli operatori”. Il presidente dell’Ufi ha inoltre sottolineato che un eventuale intervento legislativo, se adottato unicamente a livello italiano, potrebbe essere considerato inefficace, determinando l’esigenza di un provvedimento a livello europeo.
Paoletti ha invece richiamato l’attenzione su un’altra questione poco considerata: la mancanza di un criterio restitutorio armonizzato. “In assenza di una modifica normativa – ha precisato il segretario generale dell’Ufi – qualsiasi intervento di restituzione al consumatore posto in essere potrebbe risultare inadeguato e dar luogo a ulteriori pretese”.