Porre un tetto alle provvigioni degli agenti immobiliari non è contrario al diritto dell’Unione europea. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 27 febbraio scorso nell’ambito della causa C‑674/23, in riferimento alla legge slovena in materia di intermediazione immobiliare che limita la provvigione al 4% del prezzo di compravendita o affitto.
La limitazione delle provvigioni, sostiene la Corte di Giustizia dell’Unione europea, non sembra discriminatoria, in quanto si applica indipendentemente dal luogo della sede della società immobiliare interessata.
Quanto alla giustificazione, “la fissazione di un tetto massimo appare idonea a promuovere l’accessibilità di alloggi adeguati a prezzi ragionevoli, dato che l’importo della provvigione è probabilmente ripercosso sul prezzo di vendita o sul canone di locazione. Ciò è particolarmente importante nei confronti delle persone vulnerabili, ossia i giovani, gli studenti, nonché le persone anziane. Tale misura può anche contribuire alla protezione dei consumatori rafforzando la trasparenza dei prezzi e impedendo l’applicazione di tariffe eccessive”, conclude la sentenza.
Il caso
La legge slovena in materia di intermediazione immobiliare stabilisce un tetto massimo pari al 4% alle provvigioni applicate ai servizi in caso di acquisto, di vendita o di locazione di un bene immobile. In particolare, per l’affitto il tetto massimo è pari al 4 % dell’importo risultante dalla moltiplicazione del canone di locazione mensile per il numero di mesi per i quali l’immobile viene locato. Un contratto di intermediazione che contravvenga alla suddetta limitazione delle provvigioni è considerato nullo.
Dubitando della conformità di tale misura al diritto dell’Unione, la Corte costituzionale slovena ha adito la Corte di giustizia dell’Ue. I dubbi riguardavano la fissazione di un tetto massimo applicata ai servizi di intermediazione relativi a un edificio residenziale unifamiliare, a un appartamento o a un’unità abitativa, acquistati o presi in locazione da una persona fisica.
Nella sua sentenza, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha ricordato che una misura come quella prevista dalla legge slovena può essere ammessa se:
- non è discriminatoria,
- è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;
- è proporzionata.
La decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea
La Corte di giustizia dell’Ue ha sottolineato che l’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, letto alla luce degli articoli 16 e 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che “esso non osta ad una normativa nazionale la quale, per quanto riguarda l’acquisto o la locazione, da parte di una persona fisica, di un edificio residenziale unifamiliare, di un appartamento o di un’unità abitativa, preveda l’imposizione di un tetto massimo alla provvigione applicata per i servizi di intermediazione immobiliare, in misura pari:
- in caso di acquisto o di vendita di un bene immobile il cui valore contrattuale è pari o superiore a EUR 10 000, al 4% del prezzo contrattualmente previsto,
- in caso di locazione, al 4% dell’importo risultante dalla moltiplicazione del canone di locazione mensile per il numero di mesi per i quali il bene immobile viene locato, restando inteso che tale provvigione non può superare l’importo di un canone di locazione mensile”.
Tutto ciò purché “tale normativa non vada oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi da essa perseguiti e non esistano altre misure meno restrittive che permettano di ottenere il medesimo risultato”.
Spetterà ora alla Corte costituzionale slovena verificare se la limitazione delle provvigioni sia necessaria per raggiungere gli obiettivi sopra menzionati e se non vi siano misure meno restrittive che permettano di ottenere il medesimo Stato. A questo proposito, essa sarà tenuta ad esaminare, tra l’altro, se il legislatore nazionale avrebbe potuto mettere in atto una misura specificamente mirata sui consumatori vulnerabili e se il compenso per i servizi di intermediazione immobiliare permetta alle società che li forniscono di coprire le proprie spese e di realizzare un utile ragionevole.
La Corte di Giustizia dell’Ue ricorda infatti che il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.