Crif – Mutuisupermarket: mutui, 93% delle richieste è a tasso fisso nel I trimestre 2023. Ripartono le surroghe

Crif LogoNel primo trimestre del 2023 è proseguito il trend al rialzo del costo dei mutui, che si è accompagnato a una fuga verso il tasso fisso e a un rallentamento delle compravendite immobiliari. A fare il punto sulle tendenze in atto nel mercato italiano dei mutui residenziali e immobiliare è la Bussola mutui, bollettino trimestrale firmato Crif e Mutuisupermarket.it.

“Anche l’inizio 2023 si conferma come un periodo decisamente impegnativo per il settore dei mutui. Il notevole aumento dei tassi di interesse Euribor, cresciuti a oggi di quasi un 3,7% dai minimi di gennaio 2022, si riflette in una chiara diminuzione del potere di acquisto casa da parte di privati e famiglie. In base a calcoli interni, i nuovi mutuatari a parità di reddito devono oggi fare i conti con una riduzione del proprio potere di acquisto casa di oltre il 25%. Di fronte a prezzi dell’immobiliare che non accennano a diminuire, livelli di inflazione elevati e una generale situazione di incertezza economica, la scelta per molti consumatori è dunque quella di rinviare la realizzazione del progetto casa. E questo diventa particolarmente vero per l’importante segmento di mercato dei giovani under 36”, ha dichiarato Stefano Rossini, amministratore e fondatore di MutuiSupermarket.

La crescita degli indici Euribor e Irs e l’impatto sui tassi

Anche nel corso del primo trimestre 2023, l’indice Euribor 3 mesi è cresciuto in maniera decisa, passando da un valore medio del 2,07% a dicembre a un 2,91% medio a marzo (toccando valori prossimi al 3,20% a metà aprile). Parallelamente l’indice Irs a 20 anni sullo è salito dal 2,57% al 2,88%, assestandosi attorno al 2,90% a metà aprile.

L’andamento di crescita a due velocità degli indici, assieme al timore di ulteriori rialzi degli indici Euribor sui prossimi mesi, hanno determinato una polarizzazione della domanda di nuovi mutui sul tasso fisso, coerentemente con quanto già osservato nel periodo 2021 – inizio 2022.

La percentuale delle richieste sul canale online di mutuo a tasso fisso passa quindi dal 58% del totale nel terzo trimestre 2022 al 93% nel primo trimestre dell’anno. L’aumento di popolarità registrato per i mutui a tasso fisso nel corso degli ultimi trimestri è da collegarsi non solo a un progressivo restringimento della forchetta di differenza fra tassi fissi finiti e tassi variabili ma anche al lancio sul mercato di nuove offerte con tassi fissi maggiormente vantaggiosi rispetto al tasso variabile”, si legge nel report.

Tasso variabile e fisso a confronto

Secondo la Bussola mutui di Crif e Mutuisupermarket, un acquirente di 35 anni che cercasse un mutuo di 140.000 euro su un valore immobiliare di 220.000 euro e con una durata di 25 anni, potrebbe rilevare oggi sul mercato un tasso variabile pari al 3,45% e ottenere una rata mensile di 697 euro. Per la medesima operazione potrebbe individuare un tasso fisso finito del 2,99%, con una rata mensile di 663 euro, inferiore di 34 euro rispetto alla rata dell’omologo mutuo a tasso variabile.

Questa situazione appare quanto mai conveniente e unica e riguarda ogni principale durata del mutuo dai 10 ai 40 anni: nel mese di aprile 2023, privati e famiglie possono quindi sottoscrivere un mutuo a tasso fisso – che permette il mantenimento di una rata fissa per tutta la durata del piano di rimborso del mutuo – a condizioni migliorative rispetto a un omologo mutuo a tasso variabile, mutuo che normalmente presenta tassi inferiori in quanto porta con sé il rischio di una rata potenzialmente soggetta ad aumenti futuri, in funzione dell’andamento dell’indice Euribor”, prosegue l’analisi.

Riparte la domanda di surroghe

Il forte aumento dell’Euribor a 3 mesi ha altresì prodotto nel corso dei mesi un importante aumento dell’importo della rata per i sottoscrittori di mutui a tasso variabile. Ciò ha comportato a partire dal terzo trimestre 2022 una forte ripresa della domanda di mutuo con finalità surroga, trainata da mutuatari interessati a mettersi al riparo da futuri e ulteriori aumenti rata.

La domanda di mutui con finalità surroga continua la sua crescita e nel primo trimestre 2023 spiega il 36% del totale richieste online rispetto a un 24% del quarto trimestre 2022.

Da segnalare che questa ripresa della domanda di surroga non tiene in considerazione l’ulteriore domanda di rinegoziazioni mutuo – da tasso variabile a tasso fisso regolamentato, per mutuatari con un mutuo inferiore ai 200.000 euro, un Isee al di sotto di 35.000 euro e con regolarità storica dei pagamenti – avviata dagli stessi mutuatari presso i propri istituti di credito eroganti, secondo quanto previsto dall’ultima Legge di bilancio 2023.

L’aumento atteso dell’Euribor 3 mesi sui prossimi mesi potrà ulteriormente stimolare la domanda di surroga, spingendo sempre più mutuatari con contratti a tasso variabile a considerare nuove soluzioni di mutuo a tasso fisso.

Si riduce il peso degli under 36 nella domanda di mutui

L’aumento tassi incide infine anche sulla composizione della domanda di mutuo per fasce di età. In particolare, la fascia di richiedenti giovani under 36 vede ridurre il suo peso dal 38% delle richieste totali sul canale online nel terzo trimestre 2022 al 29% nel primo trimestre 2023. L’aumento del costo del denaro – a parità di reddito – riduce in maniera sensibile il capitale ottenibile tramite un nuovo mutuo casa.

Questa riduzione di capacità di acquisto spinge dunque una parte crescente del segmento di mercato under 36 a rinviare la decisione di acquisto casa e quindi la decisione di richiesta mutuo.

Sui prossimi mesi, la proroga sino al 30 giugno 2023 delle agevolazioni previste dal Fondo di garanzia prima casa Consap e le nuove offerte mutuo dedicate al segmento under 36 – con tassi scontati per i giovani e durate sino a 40 anni – dovrebbero contribuire a sostenere la domanda di questo importante segmento”, precisa la Bussola mutui di Crif e Mutuisupermarket.

Le compravendite residenziali: -2,1% nel quarto trimestre 2022

Il rialzo dei tassi, ulteriori insieme con elementi di carattere macro, quali l’instabilità geopolitica e i suoi impatti sull’economia globale, l’attuale trend inflazionistico e i timori di una possibile recessione, ha frenato il mercato immobiliare dopo oltre 2 anni di ininterrotta crescita. Nel quarto trimestre 2022, il numero di compravendite residenziali si è ridotto del 2,1% rispetto al corrispondente trimestre 2021.

“Nel 2022 il numero di abitazioni compravendute è aumentato del 4,8% – ha affermato Stefano Magnolfi, executive director di Crif Real Estate Services -. Se leggiamo il dato sintetico sull’anno risulta sì, positivo, ma, a ben guardare, con il passare dei mesi, l’intonazione positiva del mercato si è andata via via corrodendo. Infatti, in ogni trimestre si è assistito a una performance sempre più debole, con una decelerazione più marcata nella seconda parte dell’anno (+12% I trim; +8,7% II trim; +1,7% III trim; -2,1% IV trim). L’ultimo scorcio del 2022 ha infatti evidenziato per la prima volta un calo nei volumi scambiati dopo nove trimestri di crescita in ripresa dall’effetto covid. È quindi solo alla fine dell’anno scorso che, per l’effetto combinato di tassi, in vistoso aumento, e crescita dei prezzi, sostenuti dall’inflazione, sul mercato delle transazioni si sono manifestati i primi segnali di riduzione degli scambi. Che però, con quasi 800.000 compravendite sull’anno, rimangono ancora su livelli superiori alla media di lungo periodo”.

Le previsioni per il 2023 sono improntate, secondo la Bussola mutui, a una riduzione a due cifre anche per il perdurare di politiche restrittive sul mercato dei mutui, tanto che la quota di abitazioni acquistate con mutuo ammonta, a fine 2022, al 42,8%, quando a inizio anno ci si posizionava sul 52%, a sottolineare che compra sempre di più chi i soldi li ha già e non ha bisogno di ricorrere a mutuo.

“Gli effetti immediati sono di un posticipo sulle decisioni di acquisto, in attesa di tempi più favorevoli, con effetti incrementali sul mercato della locazione, anch’esso messo sotto pressione da inflazione e aumento generalizzato delle spese del conduttore – ha concluso Magnolfi. Su questo quadro di impasse incide altresì l’attesa della versione definitiva della Direttiva sulle case green (Epbd – Energy performance of buildings directive) che obbligherà a portare gli immobili residenziali alla classe energetica E entro il 2030 e alla classe D entro il 2033. Alla luce di questi obiettivi, difficilmente raggiungibili in tempi così ristretti, soprattutto dopo l’esperienza emergenziale del Superbonus con cui si è intervenuti solamente sull’1% dello stock abitativo, bisognerà valutare correttamente gli immobili a tutto tondo includendo l’impatto ambientale che da essi deriva. Di qui anche l’attenzione oramai imprescindibile da parte degli istituti di credito nel finanziare investimenti ed attività allineati alla Tassonomia Ue attraverso l’analisi dei sistemi energetici, dei relativi consumi e la valutazione della vulnerabilità al rischio climatico”.