Il mercato italiano del crowdinvesting nel suo complesso sta a attraversando una fase positiva, caratterizzata da rendimenti in crescita di circa 2,5 punti dall’inizio dell’anno. A stimarlo è l’Osservatorio sul crowdinvesting del Politecnico di Milano, secondo il quale la rivalutazione è in flessione rispetto agli 8,5 punti del primo semestre del 2021 probabilmente a causa della situazione attuale di generale incertezza a livello europeo e mondiale nel contesto macroeconomico.
Secondo l’Italian equity crowdfunding index, indice messo a punto dall’osservatorio del Polimi e che sintetizza l’apprezzamento o il deprezzamento del valore dei titoli sottoscritti dalla crowd, la rivalutazione sulle piattaforme principali a livello nazionale si è attestata in media a 173 euro, assumendo che un investitore abbia partecipato a tutte le operazioni di tutti i portali.
Mettendo a confronto i risultati degli 8 portali principali, l’Osservatorio sul crowdinvesting ha stimato che nel primo semestre dell’anno Nel dettaglio il portale di equity crowdfunding italiano che ha garantito ai propri investitori la più alta rivalutazione del portafoglio è WeAreStarting con una rivalutazione pari a 262,31 euro. In seconda posizione CrowdfundMe con un indice di +243,05 (euro) e in terza Opstart con +218,61 euro. Seguono Two Hundred con +170,71, MamaCrowd con +128,46 e BackTo Work con +110,72.
La lista dei primi 8 portali mostra come il comparto relativo ai portali specializzati in “pmi & start-up” generi valori più interessanti rispetto all’immobiliare, il cui primo portale è Walliance, con un indice pari a +108,16, seguito da Concrete con una rivalutazione di 103,84 euro.
Il calcolo
A comunicare i dati è stata ieri la piattaforma WeAreStarting, che ha diffuso i dati condivisi su richiesta dall’Osservatorio sul crowdinvesting del Politecnico di Milano. Per misurare sinteticamente il rendimento teorico ottenuto dagli investimenti effettuati nell’equity crowdfunding l’Osservatorio sul crowdinvesting del Politecnico di Milano ha ideato l’Italian equity crowdfunding index, indice che sintetizza l’apprezzamento o il deprezzamento del valore dei titoli sottoscritti dalla crowd.
Il calcolo si basa su un algoritmo che misura la rivalutazione delle quote sottoscritte dagli investitori, in funzione dei multipli osservati nei round di crowdfunding successivi o per altri eventi societari che seguono la prima campagna.
Il risultato è uno strumento utile per valutare il trend e avere un’idea dell’importo approssimativo delle variazioni di valore, anche se non può calcolare il valore reale del portafoglio sul mercato.
L’indice non diluito
Quello diffuso oggi da WeAreStarting è l’indice non diluito, che considera anche l’istante temporale in cui un determinato evento si verifica, avvicinandosi al modello di un classico indice azionario. Il Polimi calcola l’indice in due diverse versioni: diluted e notdiluted. La differenza, spiega il VII Report italiano sul crowdinvesting, sta nel come viene considerato l’effetto di una nuova operazione di raccolta di equity crowdfunding. “Nella versione diluted il controvalore entra nell’indice con valore 100; nella versione not-diluted il controvalore entra nell’indice con il valore dell’indice a quel momento. In pratica nella prima versione l’indice subisce una ‘diluzione’ naturale con l’arrivo di nuove operazioni sul mercato, verso il valore di 100; rappresenta comunque il rendimento semplice del portafoglio medio di un investitore che nel tempo partecipa a tutte le campagne. Nella seconda versione l’indice non risente dell’effetto di diluizione (analogamente al caso dei normali indici borsistici) e rappresenta il rendimento per un investitore che riesce a capitalizzare nel tempo ogni rivalutazione (o svalutazione) del capitale e a reinvestirlo nel mercato (cosa non sempre fattibile nel mondo dell’equity crowdfunding per l’illiquidità degli asset)”.
“Poiché l’equity crowdfunding è a tutti gli effetti un’opzione di investimento alternativo accessibile ad investitori sofisticati e non, è importante monitorare il valore dell’indice per avere un’idea dei rendimenti “teorici” legati a questo tipo di operazioni che, in un mercato attualmente ancora caratterizzato da un alto livello di illiquidità dello strumento, diventerebbero ‘effettivi’ solamente nel momento della liquidazione dell’investimento, come ad esempio in occasione della vendita delle quote sul mercato secondario o di una exit totale o parziale dovuta a m&a o al buyback”, ha dichiarato Matteo Conti, ricercatore del Politecnico di Milano.
Gli investitori passeranno davvero alla cassa quando ci saranno cessioni effettive di titoli, peraltro oggi rese complesse dalla mancanza di un mercato secondario efficiente e con bassi costi di transazione: rimane infatti irrisolto il tema dei costi elevati della pratica di cessione, a meno che l’investitore non abbia optato per il regime alternativo di trasferimento delle quote, in base all’art. 100-ter del Testo Unico della Finanza.
L’impegno di WeAreStarting
Spesso, conclusa una campagna con successo, le start up devono affrontare sfide ancora più grandi. Perciò, “da quando WeAreStarting è nata, abbiamo avuto ben chiaro il nostro obiettivo: selezionare imprese che portino un rendimento interessante agli investitori. Per fare ciò, abbiamo cercato realtà di eccellenza in ogni parte d’Italia e in ogni settore – ha dichiarato il ceo Carlo Allevi –. Sappiamo che possiamo raggiungere risultati ancora migliori in futuro, per questo ci siamo dati un obiettivo concreto: raggiungere i 777 punti dell’Italian Crowdfunding Index entro la fine del 2030. L’investimento in imprese non quotate può avere tantissimi limiti, ma senza dubbio può offrire, con l’opportuna diversificazione, rivalutazioni ben superiori ad altri asset, se le opportunità sono scelte con cura e professionalità. Inoltre, possiamo evitare gli impatti negativi dei cicli economici puntando su realtà di settori diversi nel tempo, non avendo alcun vincolo settoriale a cui sottostare”.