Tale pronuncia della corte tributaria è stata emessa a seguito di rettifiche su imposte dirette e Iva nelle compravendite immobiliari basate sulla differenza tra gli importi dichiarati negli atti e il valore dei mutui erogati e sul non allineamento dei prezzi riportati nei rogiti rispetto a quelli rilevati dall’Omi.
La normativa è, infatti, stata modificata in seguito all’abrogazione, con valenza retroattiva, delle disposizioni contenute nell’articolo 35 del Dl 223/2006,il decreto Visco-Bersani, che facevano assurgere tali elementi al rango di presunzioni legali.
La precedente normativa consentiva di rettificare automaticamente i corrispettivi dichiarati ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva, se i prezzi pagati fossero stati inferiori al valore normale basati sui criteri dell’ Omi.
Come stabilito dai giudici della Ctr Lombardia, in merito ad una procedura di infrazione intentata dalla Commissione europea contro l’Italia, dall’ordinamento italiano è stato abolito negli accertamenti immobiliari, ogni riferimento al valore normale, rifacendosi alla direttiva comunitaria 2006/112, la quale stabilisce che la base imponibile Iva è sempre il corrispettivo pagato.
I giudici hanno inoltre precisato che il valore del mutuo può essere più alto di quello indicato nei rogiti per svariati motivi, compresa la necessità di dover finanziare spese notarili o arredi, motivazioni, queste, verso cui il venditore non ha alcun potere di intervento. Quindi, sia i dati Omi che il valore del mutuo rappresentano elementi soltanto indicativi.
Per porre le basi di un accertamento finanziario, sono quindi indispensabili altri elementi, come ad esempio, le dichiarazioni degli acquirenti, la documentazione extracontabile, i contratti preliminari da cui risultino importi diversi rispetto ai rogiti.
In mancanza di tali elementi, che devono tutti portare allo stesso risultato, non è possibile rettificare il corrispettivo dichiarato negli atti di vendita. Quindi, negli accertamenti sulle compravendite immobiliari l’amministrazione finanziaria, cui spetta l’onere probatorio, non può basarsi su rigidi dispositivi ma deve fornire una ricostruzione che porti a un determinato risultato, basando le proprie presunzioni su parametri di ragionevolezza e verosimiglianza.