Il taglio dei tassi d’interesse deciso ieri dalla Banca centrale europea – l’ottavo consecutivo, che conferma la traiettoria espansiva della politica monetaria dell’Eurotower avviata ormai un anno fa – rischia di avere effetti attenuati sull’economia reale. A sostenerlo è la Fabi (Federazione autonoma bancari italiani), secondo la quale la riduzione del costo del denaro, che ha portato il tasso ufficiale dal 4,5% di settembre 2023 al 2% di giugno 2025 (–250 punti base), non si è ancora tradotta in un beneficio pieno per famiglie e imprese: nello stesso periodo, il Taeg (Tasso annuo effettivo globale) sui mutui per l’acquisto di abitazioni è sceso solo di 118 punti base, dal 4,72% di ottobre 2023 al 3,54% di marzo 2025.
Margini bancari ancora elevati e difficoltà per le famiglie a ottenere credito. Sileoni: “Serve sforzo condiviso”
Secondo la Federazione, l’allentamento monetario sta producendo segnali positivi ma lenti: tra maggio 2024 e marzo 2025, i prestiti alle famiglie sono cresciuti dell’1,9%, con un aumento di quasi 8 miliardi, mentre restano ancora elevati i margini bancari e i criteri di accesso al credito sono rigidi. In particolare, si assiste a un riavvicinamento tra i tassi fissi e variabili, con una lieve ripresa del Taeg registrata a febbraio (3,58%), a causa dell’andamento dei rendimenti a lungo termine.
“Il taglio dei tassi da parte della Bce rappresenta un segnale importante, forte e atteso, ma ora serve un cambio di passo e uno sforzo condiviso, anche da parte delle banche, per far arrivare maggiori benefici alla clientela – afferma il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni -. In un contesto di incertezza e scarsa crescita economica, la politica monetaria può aprire la porta, ma se il settore bancario la tiene socchiusa, il rilancio dell’economia resta sulla carta. Non possiamo permetterci che questa fase si traduca in un’opportunità solo parziale. I segnali che arrivano dai dati sui mutui e sui prestiti mostrano che i benefici del nuovo corso monetario si stanno affacciando, ma ancora con lentezza. Serve uno scatto in avanti e una regia politica che favorisca l’accesso al credito per le famiglie e per chi vuole investire nel proprio futuro e che coinvolga tutti i soggetti in campo: istituzioni, banche, imprese e parti sociali”.
Per la Fabi troppo spesso, negli ultimi mesi, l’abbassamento del costo del denaro non si è tradotto in una reale convenienza per chi cerca un mutuo o un prestito. I margini bancari restano elevati, ma le famiglie continuano a incontrare difficoltà nell’ottenere liquidità, per i costi alti, specie nei territori più fragili e tra le fasce più esposte della popolazione.
“È qui che serve una nuova visione politica, attenta alla crescita e alla coesione sociale, una strategia complessiva, capace di mobilitare la finanza pubblica a supporto del credito privato, magari potenziando gli strumenti di garanzia pubblica e sostenendo i giovani, i lavoratori precari, le piccole imprese – prosegue Lando Maria Sileoni -. Occorre ridare centralità al credito come volano dello sviluppo, non solo come meccanismo tecnico-finanziario, ma come strumento di giustizia economica, inclusione e futuro. Un credito accessibile significa più consumi, più investimenti, più fiducia. Significa sostenere l’edilizia, l’industria, il commercio. Significa, soprattutto, dare un segnale alle nuove generazioni: che in Italia si può ancora costruire, mettere su casa, sognare. È questo il passaggio da realizzare: dal segnale della Bce a una stagione di politica economica condivisa, responsabile e coraggiosa. Perché la ripartenza non si fa con i decimali, ma con le decisioni. E questa, oggi, è una decisione non più rinviabile”.
In Italia 6,9 milioni di famiglie indebitate, un terzo dei mutui è a tasso variabile
Le famiglie indebitate, in Italia, sono 6,9 milioni, pari a circa il 25% del totale: di queste, oltre 3 milioni e mezzo hanno un mutuo per l’acquisto di una casa.
Nel corso del 2022 e del 2023, i tassi di interesse sui prestiti sono assai aumentati con il costo del denaro progressivamente arrivato al 4,5% per poi ripiegare al 3%. Dall’inizio del 2024, tuttavia, le banche, in previsione di un ritorno a una politica monetaria meno restrittiva da parte dell’Eurotower, hanno anticipato la prevista riduzione dei tassi e la discesa potrebbe proseguire nei prossimi mesi.
Di qui, secondo la Federazione autonoma bancari italiani, vantaggi giù significativi per le famiglie, sia per comprare casa sia per comprare automobili o elettrodomestici. I tassi sui mutui sono già diminuiti a una media del 3,23% a dicembre, rispetto a livelli medi superiori al 5% del 2023 e potrebbero calare sotto quota 3%: sul mercato, sono già presenti molte offerte tra il 2,5% e il 2,9%.
Sul totale di 380 miliardi erogati, circa un terzo, cioè 125 miliardi, è a tasso variabile e i restanti 255 miliardi sono a tasso fisso. Sono i titolari di mutui a tasso variabile ad aver patito gli effetti della fiammata dei tassi del biennio 2022-2023, con le rate salite anche del 70-80%. Sul totale di 25,7 milioni di famiglie italiane, quelle che hanno un mutuo sono circa 3,5 milioni, su complessivi 6,9 milioni di cittadini indebitati anche con altre forme di finanziamento, come il credito al consumo e i prestiti personali.