Fabio Picciolini: l’Oam, dalla nascita a oggi. Albo dei collaboratori e incompatibilità, le questioni ancora aperte

PiccioliniNel corso della mia carriera professionale ho avuto la possibilità di partecipare prima al tentativo dell’Italia di anticipare la normativa sul credito al consumo, poi all’applicazione della Direttiva 48/2008 e del Decreto 141/10, quindi alla costituzione dell’Organismo agenti e mediatori e oggi al decennale dell’Organismo.

Un quindicennio pari a un’era geologica: all’epoca non c’erano gli smartphone e ora si ragiona di crypto asset e di intelligenza artificiale. Difficile, quindi, ripercorrere i dieci anni dell’Oam, soprattutto perché le esperienze lavorative si intrecciano con le amicizie nate nel frattempo e con i ricordi personali, rischiando di interferire su valutazioni e giudizi.

Le decisioni precedenti alla costituzione dell’Oam

Ricordo come fosse oggi una “battaglia” fatta e vinta sull’attività degli agenti e dei mediatori: si discuteva se scrivere nel decreto 141 “attraverso attività di consulenza”. Oggi sembra una sciocchezza, allora no: fu inserita anche grazie all’intervento di un giovane avvocato cresciuto al Mef poi importante rappresentante dell’Organismo.

Per quanto ne sappia non fu mai messa in discussione, come in altri Paesi, la costituzione di un nuovo Organismo la cui governance fosse affidata, oltre che agli organi di vertice (presiedente, direttore generale e board), alle categorie vigilate, intermediari bancari e finanziari e intermediari del credito. Fu una scelta giusta.

Agenti e mediatori prima della Direttiva e del decreto di recepimento, erano due categorie che, di fatto, non avevano regolamentazione (da anni era sparito l’Ufficio Italiano dei Cambi, che aveva il compito di iscriverli e di vigilarli), rappresentanti fra i 180.000 e il 200.000 operatori. Erano numerosi gli iscritti in entrambe le categorie, senza obblighi di scolarizzazione e di formazione obbligatoria.

La prima fase

La nomina di un presidente, di estrazione bancaria, di un direttore generale, ancora presente, esperto della materia e di un consiglio rappresentativo dei finanziatori e di chi operava per metterli in contatto con potenziali clienti, consentì di trasformare la categoria. Le decine di migliaia di operatori si ridussero a qualche migliaio, furono introdotti l’obbligo di svolgere un esame o una prova, per i nuovi professionisti, la formazione sia per l’accesso sia ogni anno, l’obbligo di un capitale sociale minimo per le società di mediazione, l’abolizione della segnalazione da parte di terzi soggetti, l’incompatibilità tra mediatori e agenti. Queste le prime importanti decisioni assunte, sotto l’occhio vigile della Banca d’Italia che aveva acquisito dalla legge la vigilanza sull’Organismo.

La seconda fase

Alla prima, seguì una seconda fase, con un presidente, Antonio Catricalà, che avevo conosciuto e stimato da presidente dell’Antitrust e che ricordo con affetto personale. Un uomo delle istituzioni, con un’intelligenza e un’umanità fuori dal comune.

La sua presidenza ha fatto crescere l’Oam in conoscenza e riconoscimento del ruolo assegnato, ha favorito l’avanzamento della normativa, il rispetto delle regole, a partire da quella contro l’abusivismo. Introdusse l’obbligo, semplice ma importante, di imporre sulla carta intestata degli operatori il numero di iscrizione negli elenchi Oam, per una maggiore tutela della clientela.

Infine introdusse nuove funzioni dell’Organismo, quali la gestione degli elenchi dei compro oro e degli operatori in valuta virtuale.

Un mercato più evoluto, libero dall’improvvisazione

In questo contesto gli operatori sono cresciuti e sono cambiati. Come è legge del mercato, ne sono nati di nuovi, altri sono spariti, altri ancora si sono affacciati da poco sul mercato, come le piattaforme digitali e gli operatori in criptovalute sulla cui regolamentazione c’è ancora molto da fare.

L’intermediazione del credito non è più una professione improvvisata: alla formazione obbligatoria si è aggiunta quella che le imprese svolgono al proprio interno per professionalizzare i propri dipendenti e collaboratori. Le nuove tecnologie sono diventate parte integrante dell’operatività giornaliera, il rispetto della compliance è diventato uno strumento per lavorare meglio e non un costo, le singole società sono state integrate, spesso, in holding multisettoriali dove al credito si affiancano, almeno, l’assicurativo e l’immobiliare.

Il nuovo board

Da poco più di un anno in Oam c’è un nuovo presidente e un nuovo board: è presto per stimare la loro attività, si può loro fare solo un grande in bocca al lupo.

Si può dire, però, che nel decennale il presidente ha avanzato idee interessanti: con la riforma della direttiva sul credito ai consumatori incrementare i poteri di vigilanza dell’Organismo, pubblicare i nome degli abusivi non autorizzati a svolgere attività riservata e sollecitarli a cessare l’attività, conoscenza delle normative degli altri paesi unionali a fronte dell’introduzione del passaporto europeo e per far fronte alla concorrenza transfrontaliera, ruolo dei nuovi modelli distributivi, compresi quelli al di fuori del circuito bancario, e dei nuovi prodotti immessi sul mercato, la necessità che tutti gli operatori “giochino” a parità di regole, onboarding alla professione di nuove leve digitali, controllo dei collaboratori, insieme a molte altre sollecitazioni.

Idee e suggerimenti

Mi permetto di sottolineare un’idea, citarne due per titolo e “purtroppo” una dimenticata. La citazione riguarda i collaboratori: a mio, modesto ma convinto, parere non è sufficiente un maggior controllo sui mediatori è necessario creare un vero e proprio elenco a cui devono iscriversi e dove riportare il loro curriculum professionale. Solo così si avrà una classe di professionisti elevata e governata.

Le due citazioni sono di non lasciare ancora sospeso il consulente finanziario indipendente: se ci si crede si emettano le regole, altrimenti è inutile lasciarlo nella normativa ma non nell’operatività. L’altra riguarda il registro dei convenzionati: sembra che manchi poco al decreto per la sua istituzione; è necessario visto il coinvolgimento di ogni tipo di fornitore e di esercente in aspetti finanziari non più solo nei pagamenti ma anche nella concessione di credito.

L’aspetto dimenticato, è la questione mediatori e agenti immobiliari. Non si può più vivere di sotterfugi, non si può far resuscitare, implicitamente, la segnalazione abolita con il decreto 141, non si può più far stare l’Italia con la spada di Damocle dell’infrazione europea. Molto chiaramente: si abbia il coraggio di chiedere alle istituzioni di fare marcia indietro sulle ultime decisioni oppure si prenda una posizione molto netta, precisa e ineludibile sui contatti possibili tra mediatori e agenti immobiliari.

Infine, un dubbio, che non c’è spazio per approfondire: non so quanto proficuo affidare la gestione degli albi all’Oam e la vigilanza ad altre istituzioni.

Ho provato, certamente in maniera incompleta, caotica e con uno sguardo tutto personale, a ripercorrere una storia, che ho spesso, ma non sempre, condiviso, ma che ho sempre guardato con grande rispetto. Spero di continuare a seguirla essendo certo che c’è ancora molto da scrivere, probabilmente in maniera diversa rispetto ai primi dieci anni di vita: lo impone un mondo del credito diverso dove la libertà degli operatori, degli agenti e dei mediatori come quella dei compro-oro o quella innovativa dei prestatori di valute digitali, deve avere un momento di indirizzamento e di verifica.

Non so se l’Oam diventerà realmente la quinta Authority, so, però, che è un Organismo necessario e che sbagliano i Paesi europei che hanno deciso di non dotarsi di una tale struttura.