Federico Luchetti, direttore generale Oam: “La lotta all’abusivismo è una nostra priorità. Siamo pronti a intervenire con tutti i mezzi per la tutela dei consumatori e degli iscritti”

Luchetti“La riforma della disciplina introdotta dal D.Lgs. 141 del 2010 ha stabilito requisiti stringenti per l’esercizio di una professione che per lungo tempo è stata svolta da una pluralità di soggetti diversi per formazione, competenze e capacità. Questo rende ancor più delicata una fase di transizione di per sé già complessa come quella che stiamo attraversando ed è il motivo per cui il problema dell’abusivismo è in questo momento una delle questioni più urgenti con cui si deve confrontare il settore dell’intermediazione del credito”. Quando si parla di contrasto dell’illegalità Federico Luchetti non usa giri di parole e arriva dritto al punto: la lotta contro mediatori, agenti, collaboratori e altri soggetti che svolgono il proprio lavoro in violazione delle regole è ormai una priorità per l’Organismo. Abbiamo incontrato il direttore generale dell’Oam nel suo ufficio, al terzo piano di un elegante palazzetto che affaccia su Piazza Borghese, a Roma, per farci raccontare quali sono le iniziative che saranno messe in campo per contrastare il fenomeno e ridurre il numero degli “abusivi” che oggi operano al di fuori della legge.

Cominciamo dai dati. Quanti sono oggi gli abusivi nel settore dell’intermediazione del credito?

Purtroppo non ci sono numeri ufficiali.

C’è chi sostiene che siano diverse migliaia…

Si tratta di stime, ma la vera dimensione del fenomeno è sconosciuta.

A novembre scorso l’Oam ha firmato un protocollo d’intesa che ha istituito un osservatorio per il contrasto all’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione del credito. Ci sono stati ulteriori sviluppi su questo fronte?

Il protocollo è aperto anche alle associazioni che non aderiscono all’Organismo e alcune di queste hanno già manifestato l’intenzione di entrare a farne parte. La cosa, naturalmente, non può che farci piacere. Quello a cui stiamo lavorando adesso sono una serie di iniziative, attività e progetti volti a “dare sostanza” a questo accordo.

Può anticiparci qualcosa?

Posso solo dire che le ipotesi sul tavolo sono molte e che saranno chiaramente tutte valutate in condivisione con le associazioni che hanno aderito al protocollo. I primi risultati si vedranno tra la fine di marzo e Pasqua.

Quando avete firmato il protocollo Lei ha dichiarato che “la professionalità fa e deve fare la differenza per gli utenti finali in questo campo”. Nei giorni scorsi avete lanciato una campagna di sensibilizzazione che recita “Se vuoi un prestito, attento agli abusivi. Perché i soldi non sono tutti uguali”. Sembra che abbiate deciso di rivolgervi in primo luogo ai menzionati ‘utenti finali’, ossia singoli e famiglie, e non direttamente agli intermediari. Come mai?

Perché uno dei nostri primi compiti è quello di tutelare le persone che hanno a che fare con i professionisti dell’intermediazione del credito. La campagna è rivolta direttamente ai consumatori e ha lo scopo di fornire loro gli strumenti per conoscere il nostro mondo, rendendoli al tempo stesso consapevoli della necessità di effettuare controlli adeguati sulla professionalità dei soggetti con cui si trovano ad avere a che fare. Anche per questo abbiamo da pochi giorni ristrutturato il nostro sito, in modo da renderlo più fruibile e semplificare la consultazione degli elenchi di mediatori e agenti. Ad esempio, adesso l’utente ha la possibilità di verificare quali tipi di mandati ha il professionista che si trova davanti. E a breve sarà disponibile un’area in cui verranno riportate una serie di informazioni utili per gli stessi intermediari.

Avete pensato a un “tesserino professionale” che mediatori, agenti e collaboratori potrebbero esibire ai clienti?

Più che a un tesserino stiamo ragionando sulla possibilità di una sorta di “bollino blu”. Ci sono però dei pro e dei contro. Vorremmo evitare che l’esibizione di un simile bollino spinga il consumatore a saltare la fase del controllo dei requisiti di professionalità, perché il soggetto che lo mostra, per esempio, potrebbe essere stato cancellato dall’elenco il giorno prima, senza che la persona con cui sta interagendo ne sappia nulla. E dato che noi siamo chiamati a esercitare un’attività di vigilanza, la questione è delicata. Il “bollino blu” può avere senso nel momento in cui si tratta di uno strumento non statico ma dinamico, in grado di dare informazioni in tempo reale sullo stato di un determinato soggetto rimandando agli elenchi dai noi gestiti e al nostro sito. È un’ipotesi al vaglio.

A proposito, nel sito avete anche attivato un’area in cui è possibile segnalare gli abusivi…

Sì, e proprio in questi giorni abbiamo ricevuto la prima segnalazione.

Quante ne avete ricevute in totale?

Al 31 dicembre 2013 ci sono stati inoltrati 152 esposti. Di questi 70, circa il 46 per cento, hanno riguardato proprio l’abusivismo. Per il resto 24 erano collegati a problematiche inerenti alla pubblicità, 19 a problemi legati a prodotti e servizi, 16 a questioni relative ai collaboratori, 15 a incompatibilità e 8 a presunti illeciti.

Le ispezioni che avete avviato sono collegate a questi esposti?

Nella maggior parte dei casi sì. Fanno eccezione quelle portate avanti in collaborazione con l’Enasarco, in base a un programma che è stato avviato lo scorso settembre.

Come sono andate, in generale?

Ad oggi sono state decise un paio di sospensioni cautelative, una delle quali collegata a un controllo effettuato insieme all’Enasarco. In entrambi i casi si è stabilita una sospensione della durata di sei mesi, ossia la massima contemplata, dato che le irregolarità emerse sono state giudicate di particolare gravità. Sanzioni in senso proprio non ne sono state ancora erogate, ma a breve, nei casi necessari, provvederemo anche a questo.

Avete fatto segnalazioni alla Guardia di Finanza?

Abbiamo presentato denunce alla Procura della Repubblica per esercizio abusivo dell’attività finanziaria. Con la Guardia di Finanza invece stiamo cercando un modus operandi per collaborare e mettere a fattor comune una serie di informazioni che possono essere utili a entrambi.

A livello geografico come sono distribuite le segnalazioni ricevute?

Ventotto al Nord, 44 al Centro e 79 al Sud.

Quindi gli stessi professionisti del settore hanno cominciando a prendere atto della necessità di contrastare l’abusivismo avvalendosi degli strumenti che le autorità preposte mettono loro a disposizione…

Certamente sì. Quello che a mio avviso serve in questo momento, però, è soprattutto un cambio di mentalità nei confronti dell’attività di vigilanza. Deve passare l’idea che tale attività non si sostanzia necessariamente in ispezioni fisiche, ma si realizza anche attraverso una serie di passaggi come la richiesta e il controllo dei documenti o dei requisiti di onorabilità e professionalità previsti dalla normativa. Ad oggi ci sono molti soggetti che non hanno risposto neppure a tali richieste. Noi non interpretiamo questa come cattiva volontà: ci rendiamo conto che serve un po’ di tempo per adeguarsi, perché ad esempio le richieste arrivano tramite pec e non tutti sono abituati a controllare questa casella di posta periodicamente. In questo momento esiste un “gap di comunicazione” tra noi e gli iscritti. Questo gap va colmato, e ciò richiede con uno sforzo da entrambe le parti. Il primo passo, se posso rivolgere un invito a mediatori e agenti, è proprio quello di controllare periodicamente la posta elettronica certificata.

La vostra forza ispettiva di quante unità è composta?

Vorrei evitare di fornire delle cifre. Se non si conosce l’esatto funzionamento dell’intero meccanismo della vigilanza, che è fatto dell’interazione di tante parti, i numeri possono essere facilmente male interpretati e apparire eccessivi o viceversa troppo limitati. Quello che vorrei che fosse chiaro è che al momento il controllo che noi esercitiamo sul settore è fatto con una logica e con strumenti diversi da quelli che si usavano in passato. Avere cento ispettori non significa automaticamente garantire una buona vigilanza, come averne dieci non vuol dire per forza essere carenti. La nostra attività parte dalla raccolta di informazioni di vario genere e a vari livelli, quindi si incrociano i dati e le evidenze a disposizione e solo alla fine di questo processo, se necessario, si arriva all’ispezione fisica.

Ispezioni cum grano salis, quindi?

Esattamente. Nel caso di cui abbiamo parlato prima in cui abbiamo deciso la sospensione di un soggetto, ad esempio, prima è stato fatto un lungo lavoro di analisi e di studio e solo dopo si è decisa l’ispezione, che non a caso ha rilevato delle irregolarità. Peraltro uno dei problemi collegato a una moltiplicazione delle ispezioni è quello di veder aumentare consistentemente i costi annuali per l’iscrizione all’Oam, visto che ci autofinanziamo e queste attività hanno costi non indifferenti, oltre che per chi le riceve, anche per noi.

Fino ad oggi, insomma, la vostra attività di vigilanza si è basata molto sulla moral suasion. C’è però chi invoca provvedimenti severi contro chi viola le regole…

Diciamo che nel corso del 2013 l’attività di vigilanza è stata un po’ in ombra, sia perché la nuova normativa doveva essere recepita e digerita dal settore sia perché l’Oam stesso ha avuto bisogno di organizzarsi. Basti dire che nel corso dei 12 mesi passati abbiamo spedito qualcosa come 500 lettere a vari operatori per segnalare diversi tipi di anomalie. Se il sistema della vigilanza fosse stato pienamente rodato e funzionante alcune di queste lettere avrebbero comportato l’adozione di sanzioni. Abbiamo adottato un atteggiamento di apertura e collaborazione verso gli operatori, senza “mostrare i muscoli” ma cercando piuttosto di sottolineare la presenza di irregolarità e la necessità di opportune correzioni. Ora però le cose sono cambiate, il settore ha cominciato a metabolizzare le regole introdotte dal D.Lgs. 141, la nostra struttura si è consolidata ed è cresciuta e siamo pronti a intervenire con tutti i mezzi a disposizione per la tutela del mercato, dei consumatori e dei nostri iscritti. È chiaro che l’Oam non ha il potere di far cessare direttamente l’attività a un abusivo. Quello che possiamo fare è coinvolgere l’autorità giudiziaria. A questo proposito vorrei sottolineare che, tra le altre cose, è in corso di pubblicazione il regolamento sui requisiti organizzativi per le società di mediazione, che avranno un termine di sei mesi per adeguarsi ai nuovi parametri. Dopodiché anche su quello scatterà la vigilanza.