Fimaa chiede l’applicazione dell’art. 34 sulla Liberalizzazione delle attività economiche del Decreto Salva Italia per la mediazione creditizia

Valerio Angeletti, presidente nazionale di Fimaa ha avanzato nei giorni scorsi una richiesta di parere all’Organismo di gestione e valutazione delle iscrizioni nell’elenco dei Mediatori creditizi, a Banca d’Italia e al Ministro dell’Economia e delle Finanze, Sen. Mario Monti, in merito all’incidenza che ha il disposto dell’art. 34 D. L. 201/2011, convertito nella Legge 214/2011 Salva Italia, sulla normativa che regola la mediazione creditizia (D. Lgs. 141/2010 e 385/1993).

Il testo del Decreto Legge 201, all’art. 34 sulla Liberalizzazione delle attività economiche, dispone che:

1. Le disposizioni previste dal presente articolo sono adottate ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettere e) ed m), della Costituzione, al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché per assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e servizi sul territorio nazionale.

2. La disciplina delle attività economiche è improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario, che possono giustificare l’introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità.

3. Sono abrogate le seguenti restrizioni disposte dalle norme vigenti:
a) il divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e l’abilitazione a esercitarla solo all’interno di una determinata area;
b) l’imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all’esercizio di una attività economica;
c) il divieto di esercizio di una attività economica in più sedi oppure in una o più aree geografiche;
d) la limitazione dell’esercizio di una attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti;
e) la limitazione dell’esercizio di una attività economica attraverso l’indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all’operatore;
f) l’imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi.
g) l’obbligo di fornitura di specifici servizi complementari all’attività svolta.

4. L’introduzione di un regime amministrativo volto a sottoporre a previa autorizzazione l’esercizio di un’attività economica deve essere giustificato sulla base dell’esistenza di un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità.

5. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato è tenuta a rendere parere obbligatorio, da rendere nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione del provvedimento, in merito al rispetto del principio di proporzionalità sui disegni di legge governativi e i regolamenti che introducono restrizioni all’accesso e all’esercizio di attività economiche.

6. Quando è stabilita, ai sensi del comma 4, la necessità di alcuni requisiti per l’esercizio di attività economiche, la loro comunicazione all’amministrazione competente deve poter essere data sempre tramite autocertificazione e l’attività può subito iniziare, salvo il successivo controllo amministrativo, da svolgere in un termine definito; restano salve le responsabilità per i danni eventualmente arrecati a terzi nell’esercizio dell’attività stessa.

7. Le Regioni adeguano la legislazione di loro competenza ai principi e alle regole di cui ai commi 2, 4 e 6.

8. Sono escluse dall’ambito di applicazione del presente articolo le professioni, i servizi finanziari come definiti dall’art. 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e i servizi di comunicazione come definiti dall’articolo 5 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione direttiva 2006 /123/CE relativa ai servizi nel mercato interno).

Secondo l’interpretazione di Fimaa il tenore letterale dell’art. 34, applicato alla mediazione creditizia, abrogherebbe dunque la disciplina che attualmente ne regolamenta l’attività, permettendo la prosecuzione, o l’avvio, dell’attività di mediazione anche alle ditte individuali o alle società di persone, sinora escluse dall’elenco dei mediatori per mancanza di requisiti necessari. Se l’interpretazione della norma fosse confermata dall’Organismo di gestione interpellato, verrebbe infatti eliminato l’obbligo, per il soggetto che intenda avviare o proseguire l’attività di mediazione, di doversi necessariamente costituire, o trasformarsi, in società di capitali o società cooperativa, come invece stabilito dall’attuale norma che regola l’attività di mediazione.

Tale interpretazione è ritenuta, da Fimaa, valida e sussistente anche in rapporto alla limitazione, prevista al punto 8 dell’art. 34 del D.L. 201/2011, che esclude l’ambito di applicazione, dell’articolo stesso, ai servizi finanziari, quali ad esempio quelli bancari, assicurativi e di riassicurazione o di consulenza nel settore degli investimenti, così come definiti dall’art. 4 del D.Lgs. 59/2010, sul presupposto evidente che il mediatore creditizio effettui esclusivamente attività di intermediazione, anche attraverso servizi di consulenza, volta a mettere in relazione istituti di credito o intermediari finanziari con i potenziali clienti, per la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma.

Se l’interpretazione normativa, avanzata dalla Federazione Italiana Mediatori Agenti D’affari/Confcommercio Imprese per l’Italia, fosse dunque confermata –dice il presidente Valerio Angeletti –quanto disposto dall’art. 34 porterebbe un cambiamento assai rilevante e molto atteso dalla categoria. Sarebbero infatti migliaia i soggetti, sinora esclusi, che potrebbero richiedere l’iscrizione nell’elenco dei mediatori creditizi o proseguire la propria attività di mediazione, e tra questi molti dei nostri associati”.

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