Come va oggi il mercato del credito al consumo?
Il mercato del credito al consumo non può che rispecchiare la situazione economica. La diffusa e radicata convinzione che vige in questo mondo è che “se le cose vanno male, le persone tendono a indebitarsi di più”. Dobbiamo però confutare questa affermazione, perché in realtà è vero l’esatto contrario. A dimostrarlo sono proprio i numeri che evidenziano una crescita del credito al consumo a doppia cifra tra il 2000 e il 2005, trend che si è mantenuto fino al 2008 quando è iniziata la crisi economica e con essa è comparso un segno negativo che ha caratterizzato il settore negli ultimi tre anni.
Più nello specifico come valuta la Cessione del V in questo contesto di difficoltà?
La CQS segue l’andamento sfavorevole che abbiamo appena descritto, dovuto anche a circostanze contingenti che hanno ulteriormente aggravato il quadro. Secondo i dati Assofin, il primo trimestre si è chiuso con un -8,7%, il secondo con -7,8%, fino a -10% alla fine del terzo trimestre del 2011. Sono numeri certamente preoccupanti. Una situazione più incoraggiante riguarda la CQP, anche perché il bacino dei pensionati è molto ampio ed è ancora tutto da approfondire: oggi in Italia ci sono 16 milioni di potenziali clienti e, nonostante le notizie che ci giungono dai giornali, la pensione rappresenta ancora una certezza e spinge le persone a valutare l’ipotesi di un prestito. Diciamo che se manca la stabilità, il mercato dei finanziamenti non può che risentirne: sempre ricorrendo alle rilevazioni Assofin a proposito del terzo trimestre 2011, scopriamo che il totale delle CQS che ha riguardato le aziende private è stato pari al -44,4%. Ciò evidenzia pertanto che la garanzia del posto di lavoro, o più in generale del proprio reddito, mette in condizione le persone di pensare anche a nuove esigenze e quindi anche a richiedere un prestito.
Non è quindi solo un problema di incertezza da parte di chi eroga ma anche di chi richiede.
Assolutamente sì, anzi, soprattutto da parte di chi richiede, perché è innegabile che, in questo momento, anche la domanda sia particolarmente contratta. Ma nonostante questo il mercato non è così depresso: è in difficoltà, ma ancora vivo. Per questo sono convinto che la Cessione del V abbia una sua ragion d’essere. In questi anni ho vissuto l’evolversi del settore: da quando la CQS era considerata un prodotto “da ultima spiaggia” fino a quando, nel 2005, è diventata accessibile anche ai dipendenti privati ed ai pensionati. vivendo, grazie ad un vero e proprio cambio culturale, una stagione prospera seppure con le limitazioni forti che mai l’avrebbero resa un prodotto di massa.
Quali erano i limiti operativi della Cessione del V?
Erano fondamentalmente tre. I costi: si trattava infatti un’operazione complessa, gravata da una maggiore remunerazione degli operatori e dall’onere delle polizze. È inoltre una procedura con tempi di attuazione molto più lunghi rispetto ai prestiti personali: questi ultimi sono ottenibili in 24 ore mentre la CQ può richiedere fino a 25 giorni. Infine la Cessione del V non consentiva al cliente di ottenere rimborsi in caso di estinzione anticipata. Tutti gli operatori hanno dovuto confrontarsi con queste problematiche. La Circolare Draghi, tre anni fa, ha determinato una svolta per il comparto, disegnando i contorni di un prodotto nuovo. E mi sento di affermare che l’intervento della Vigilanza è stato quanto mai opportuno.
A tre anni dalla circolare di Bankitalia cosa è cambiato?
La CQ oggi è realmente un altro prodotto: pur avendo le polizze inserite nel suo costo, ha un prezzo identico al prestito personale, e alle volte anche inferiore. La nostra chiave di lettura per il futuro è che la Cessione del V di ieri era un prodotto interessante e redditizio, destinato però solo ad una determinata clientela ovvero i 150 mila soggetti che non avrebbero mai potuto accedere ad altro finanziamento, mentre la Cessione del V di oggi è un prodotto per tutti, ovvero accessibile a 30 milioni di potenziali utenti meritevoli di credito personale. Quello che vorrei dire è che bisogna uscire dalla mentalità del vecchio cessionista che aveva una propria nicchia di mercato e non aveva interesse ad ampliare il proprio business. Oggi possiamo considerare il nostro prodotto assolutamente competitivo o addirittura migliore rispetto al prestito personale. Le vecchie concezioni sono state superate, perché per attenersi alle norme di Banca d’Italia sono necessari investimenti che impongono volumi superiori al passato. Inoltre per compararsi ad un mercato più ampio, occorre aumentare la qualità di un prodotto che non è più considerato solo come residuale, ma come una soluzione finanziaria scelta consapevolmente. Necessita evolvere questo prodotto, in primis definendo il merito creditizio e aiutando le persone a non sovra indebitarsi, grazie anche al supporto delle associazioni di categoria.
Lei ha sottolineato che la Cessione del V deve evolversi: in che modo?
Il merito creditizio rappresenta una prima evoluzione del prodotto. Secondo la nostra interpretazione potrebbe essere la chiave di accesso ad una nuova fascia di mercato. A mio avviso non è possibile indebitare un cliente fino al 50% del proprio reddito. Per questo le deleghe di pagamento, che fino a ieri rappresentavano il 30% del mercato, oggi devono essere applicate con cautela e dopo aver valutato la situazione personale con le banche dati. Il cliente che sceglie consapevolmente la CQ (perché magari interessato ad una rateizzazione a 10 anni e un netto ricavo di 25.000 euro) pur avendo i requisiti per un prestito personale (che non gli garantirebbe le stesse condizioni), rappresenta un cliente ”privilegiabile”, perché essendo meritevole di credito le banche possono vendergli anche altri prodotti. Quindi dobbiamo arrivare a far pagare un prezzo minore a chi ha un rating migliore: potranno farlo le compagnie di assicurazione o la finanziaria perché si rivolgeranno a utenti che in caso di contenzioso creeranno meno difficoltà, o la banca che avrà la possibilità di offrire insieme alla CQ un altro prodotto. Se tutti e tre gli attori saranno disponibili a un ulteriore sforzo, allora potranno offrire anche un pricing maggiormente vantaggioso. Questo permetterà di “andare oltre” i famosi 150 mila clienti. La seconda rivoluzione, che però non dipende da noi, è quella della semplificazione legislativa, che accorpando più documenti ci consentirebbe di ridurre di molto i tempi per l’erogazione. Infine, il D.Lgs. 141/2010 rappresenta anch’esso una rivoluzione culturale per questo settore, che finalmente sarà adeguatamente monitorato e gestito da professionisti.
Durante il convegno organizzato dall’Abi Credito al Credito, lei ha sottolineato la volontà di Pitagora di non fare più deleghe.
Rientra nel tema del sovra indebitamento. Sopra il 40% dello stipendio oggi non c’è più nessun prestito personale che venga concesso, perché l’“asticella” del limite è posizionata intorno al 30-35%, in assenza di altri debiti. La CQS, con delega e pignoramento può arrivare addirittura al 50% ma dobbiamo essere consapevoli che questo cliente non potrà mai onorare il suo debito. Quindi abbiamo il dovere di autoregolamentarci, sforzo che verrà apprezzato dal mercato ma anche dall’Organismo di Vigilanza. In virtù di tutte queste considerazioni, le deleghe di pagamento dovranno essere utilizzate soltanto in casi eccezionali e Pitagora le considererà come operazioni residuali.
È solo un buon proposito o si tramuterà in realtà?
A cominciare da febbraio abbiamo accesso alla banca dati di Crif e inizieremo il processo di valutazione del merito creditizio della clientela. Quindi le deleghe saranno realmente una opzione marginale, e solo per quei soggetti che potranno permettersele.
Una piccola rivoluzione.
Lo è certamente, ma oggi possiamo sentirci a pieno parte del mercato del credito al consumo. Collaborando con le istituzioni e le associazioni dei consumatori possiamo far crescere questo mercato.
Oggi quasi tutte le finanziarie sono alla ricerca di plafond per erogare nel 2012. In questo senso l’aver una partnership forte con una banca quanto può aiutare?
Molto, sicuramente. Noi abbiamo due banche nel capitale sociale e ci troviamo comunque a fronteggiare una situazione in cui i plafond ci sono stati razionalizzati e contingentati. Il problema del funding sarà uno dei punti interrogativi del 2012 per tutto il comparto del credito. Ma più in generale il prossimo anno sarà molto impegnativo perché verranno definite nuove regole. Probabilmente arriveremo al 2013 con pochi attori qualificati che avranno un ruolo fondamentale nel settore.
Pochi attori qualificati, ma saranno di estrazione bancaria?
Certamente. Con questo intendo dire che l’asset sarà bancario. Credo che il futuro si orienterà sempre più verso società prodotto, come nel factoring piuttosto che nel leasing. Potranno essere captive o, come ci auguriamo, piattaforme di banche, ma la struttura non potrà che essere questa perché tali società devono avere patrimoni che un privato non potrebbe mantenere. Noi quest’anno abbiamo sostenuto due aumenti di capitale sociale: dagli 8 milioni dello scorso anno siamo passato a 16 e in questo mese di dicembre lo porteremo a 24 milioni di euro. Il 70% della CQ è stato prodotto da istituti bancari o da società di estrazione bancaria: tra due anni saremo al 100%. Questo però non toglie che gli operatori del settore possano trasformarsi adeguandosi alle nuove regole.
Il 2012 sarà un anno con il segno meno davanti, come lasciano intendere tutte le previsioni economiche o ci sarà una ripresa?
Mi aspetto un mercato ancora negativo, forse anche peggiore del 2011, perché il problema del funding è di difficile risoluzione. Nel caso di Pitagora abbiamo però prospettive interessanti e, grazie anche agli accordi stipulati, proveremo a crescere ulteriormente, auspicandoci ragionevolmente un +5%.