Alessandro De Leonardis (Armundia Group): “Le banche nel metaverso, il rapporto con i clienti e le criptovalute”

Visitare eventi virtuali, incontrare amici, comprare asset digitali, saltare e teletrasportarsi in infiniti punti di una mappa urbana territoriale. È quello che succede nel metaverso, spazio virtuale condiviso al cui interno gli utenti vivono esperienze 3D immersive, interattive e simultanee, indipendentemente dal tipo di device utilizzato (fisso, mobile o indossabile).

Un luogo che esercita una forte attrazione sul settore immobiliare, tanto che lo scorso marzo Century 21 ha lanciato un servizio di consulenza su The Sandbox e Decentraland, le piattaforme principali che consentono una prospettiva immobiliare. Di recente, poi, almeno due banche internazionali hanno deciso di fare il loro ingresso nella realtà virtualmente aumentata, mentre Avvera è sbarcata Animal Crossing: New Horizons, videogioco che può essere utilizzato anche come luogo di ritrovo virtuale.

Abbiamo deciso allora di confrontarci con Alessandro De Leonardis, chief information officer di Armundia Group, azienda italiana che progetta e fornisce piattaforme insurtech e fintech e che, già prima dell’avvento del metaverso, aveva sviluppato Armundia Advisory 360, una soluzione che permette di erogare attività di consulenza strategica con tecniche rappresentative di virtual reality immersiva. Con lui approfondiamo i motivi per cui il mondo bancario si sta affacciando sul metaverso, come cambierà il rapporto tra gli istituti di credito e i loro clienti e che legami abbia la nuova tecnologia con le criptovalute.

Quali banche sono entrate nel metaverso?
Due gruppi bancari internazionali hanno fatto il proprio ingresso nel metaverso, acquistando ‘land’, porzioni di suoli digitali, token unici su cui ‘costruire’ ambientazioni e hype-architetture e creare esperienze virtuali.  Ad esempio, nel centro commerciale Metajuku, uno dei distretti più lussuosi di Decentraland, si può oggi camminare nella lounge di Onyx, la nuova business unit di J.P. Morgan che sfrutta tecnologie all’avanguardia come la blockchain per sviluppare prodotti, piattaforme e mercati innovativi. Nella sala virtuale una tigre innocua si aggira tra gli utenti, mentre su dei maxischermi girano video che spiegano la criptovaluta della banca. Al momento la filiale non supporta transazioni, né servizi finanziari o di consulenza.
Su The Sandbox, invece, la britannica HSBC ha acquistato una sede virtuale dove, in partnership con brand sportivi, offrirà esperienze educative, inclusive e accessibili per connettersi con gli appassionati di sport, e-sport e videogiochi.

E cosa stanno facendo?
I casi d’uso per il settore bancario sono, allo stato attuale, da esplorare: le attività di onboarding ed execution hanno ancora un elevato livello di rischio, per cui in una prima fase il comparto coglierà opportunità di visibilità nel metaverso con concept a basso rischio, come hall di accoglienza, ambienti di socializzazione, sale per eventi corporate virtuali, esposizione di asset di vario tipo (arte digitale 3d, video, materiali di marketing digitale, ecc), con l’obiettivo di aumentare l’engagement dei clienti.

Perché sta diventando interessante per le banche?
Il metaverso rappresenta per gli istituti di credito un’evoluzione da presidiare per diversi motivi, tra cui la costruzione della brand reputation nel mondo virtuale, la creazione di un’ampia comunità digitale attiva, l’offerta di un ambiente multi-esperienziale e coinvolgente, l’incremento della brand awareness.
E questo anche alla luce di un’attitudine sociale estremamente diffusa: in questo mondo virtuale trascorrono molto tempo, giocando attraverso il proprio avatar, i giovanissimi nativi iperconnessi della generazione Z, che nel prossimo decennio saranno i futuri clienti delle banche. Promette

Come cambierà il rapporto con i clienti nel metaverso?
È possibile che il metaverso giochi un ruolo centrale nella prossima evoluzione del web 3.0: decentralizzazione e tecnologie come cloud, 3D digital twins, xr, ai, blockchain, alla base delle piattaforme metaversiche, trasformeranno internet in un web multimediale e semantico, un web del tipo “read-write-execute”, che porterà l’utente non solo a “costruire” la propria esperienza online ma anche a “possedere” asset digitali. In questo scenario, le banche potranno potenziare il proprio rapporto con la clientela puntando su strategie opticanali, in cui il metaverso permette di focalizzarsi su una user experience immersiva, simultanea, persistente, che dà il senso di presenza e permette il possesso di cose. Altri aspetti importanti, abilitati da tecnologie apposite, saranno l’interoperabilità, la facilità di accesso, la sicurezza e la trasparenza.

Questa esperienza avrà ripercussioni anche sul sistema bancario a suo avviso?
È prematuro prevedere il nuovo assetto del sistema bancario nell’ambito del metaverso e le sue ripercussioni sui touchpoint offline più tradizionali. Sicuramente in una fase iniziale si assisterà ad una evoluzione sempre più phygital del customer journey e il metaverso giocherà un ruolo importante nei punti di contatto iniziali di avvicinamento al brand, registrazione e prenotazione appuntamento (online, virtuale o fisico) e alle fasi più legate all’interazione umana come quelle dei servizi di consulenza.
È verosimile altresì aspettarsi che i grandi player si facciano carico di gran parte dei processi legati all’emissione e allo scambio di fungible token (le critpovalute) nell’ambito dei metaversi. Per arrivare a questo sarà però necessario un quadro normativo armonizzato a livello internazionale per evitare situazioni di mercato molto frammentate, che vedono i fornitori di criptoattività costretti a conformarsi a leggi e procedure autorizzative differenti a seconda degli Stati, con conseguente aumento dei costi e freno complessivo allo sviluppo dell’economia digitale e delle infrastrutture blockchain.

Che legame esiste tra metaverso e criptovalute e come è prevedibile che si svilupperà in futuro?
La maggior parte dei metaversi è, in gergo, “on the chain”, cioè poggia su tecnologie blockchain-based, a cui si agganciano criptoattività con la propria valuta digitale di riferimento. Sono i cosiddetti metaversi crittografici.
Le crypto del metaverso sono molto simili ad altre criptovalute e token presenti da tempo sul mercato e funzionano in vario modo, generalmente riconducibile al cosiddetto play to earn (guadagnare mentre si gioca) o agli investimenti in non fungible token, ovvero l’acquisto di risorse digitali che popolano il metaverso e che hanno valore anche al di fuori di esso (arte digitale, real estate virtuale, land, ecc).
Il nesso con le criptovalute costituisce perciò la base del sistema economico digitale del metaverso crittografico e si stima che aumenterà in modo esponenziale nei prossimi anni, attirando investitori e collezionisti, per poi arrivare a codificarsi come marketplace mainstream.