Lo scorso 6 settembre la Corte di Cassazione è tornata a occuparsi di mutui con due provvedimenti: la pubblicazione di un’ordinanza sul tema Lexitor e l’assegnazione alle sezioni unite civili di una questione riguardante il piano di ammortamento alla francese. Nel primo caso, la seconda sezione civile ha decretato che il consumatore ha diritto al rimborso di tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che deve pagare per il finanziamento, facendo esplicito riferimento alla sentenza Lexitor e alla sentenza 263/2022 della Corte Costituzionale. Nel secondo, la prima presidente, Margherita Cassano, ha chiesto alle sezioni unite civili di indicare se il piano di ammortamento alla francese violi le norme sulla trasparenza e rappresenti un costo extra per il mutuatario.
Per capire meglio cosa sta succedendo nel mondo dei finanziamenti abbiamo intervistato Fabio Picciolini, esperto consumerista che vanta un’esperienza ultratrentennale nel settore.
Due provvedimenti nello stesso giorno, che messaggio trasmettono?
Il fatto che siano intervenuti entrambi lo stesso giorno deve farci riflettere. Sicuramente nel primo caso siamo di fronte alla necessità di un’interpretazione chiara e univoca, che ponga fine al proliferare di sentenze che vanno in direzioni diverse. Nel secondo caso, si torna su un sistema di rimborso già messo in discussione per altri motivi e che oggi si prova a contrastare in altro modo.
Il piano di ammortamento alla francese è stato accusato in passato di produrre anatocismo…
Esatto, ed è stato “assolto” dalle sezioni unite della Cassazione. L’ammortamento alla francese prevede rate che restano invariate per tutta la durata del rimborso e sono composte da una quota di interessi che diminuisce progressivamente e una quota di capitale che aumenta nel tempo. In passato ci si è chiesti se si trattasse di un rimborso che comportava anatocismo, ovvero il calcolo degli interessi sugli interessi già maturati su una somma dovuta. La Cassazione ha stabilito che in questo caso la quota interessi non presuppone alcun illegittimo anatocismo, poiché il calcolo viene effettuato sul capitale residuo per ciascun periodo di riferimento.
Dunque su questo non permangono dubbi. Qual è questa volta l’origine del contendere?
Il dubbio questa volta è stato spostato sulla trasparenza. La verità è che il calcolo degli interessi composto, che si applica con l’ammortamento alla francese, è leggermente più oneroso per il cliente rispetto al calcolo semplice, perché si fa sull’intero capitale residuo e non sulla singola rata mensile. Tuttavia il rischio è che, pur ottenendo una diminuzione dei costi del mutuo, si vada poi incontro a un aumento generalizzato del prezzo di altri servizi bancari.
In che modo?
Percorrendo l’iter giudiziale, si potrebbe anche arrivare alla eliminazione dell’ammortamento alla francese o a una indicazione più chiara dell’esistenza di un aggravio di costo nel contratto. Ma l’esperienza ci insegna che questo comporterebbe per le banche una revisione di tutti i contratti di mutuo fondiario, di credito al consumo e di tutti gli altri finanziamenti coinvolti, con costi enormi, che gli istituti finiranno per scaricare sul consumatore.
Secondo lei quindi non ci sono violazioni sotto il profilo della trasparenza?
Più che poco trasparenti, a mio avviso, le informazioni relative al piano di ammortamento sono difficili da comprendere per i non addetti ai lavori. Per garantire la trasparenza, a ogni mutuatario viene fornito un piano di ammortamento in allegato. In più, nel caso in cui non fosse convinto del contratto firmato con la banca, ha sempre 7 giorni di tempo per decidere se accendere o no un mutuo. In quella settimana potrebbe richiedere la consulenza di un’associazione dei consumatori oppure rivolgersi a un intermediario del credito per avere un altro preventivo. Infine, il consumatore ha a diritto di ricevere gratuitamente il Taeg, il Tasso annuo effettivo globale, che comprende tutti i costi del finanziamento.
Si tratta di strumenti di cui i consumatori però non hanno sempre molta contezza. Quindi come si potrebbe trovare una soluzione che non ricada su di loro?
Se si riterrà giusto rivedere il piano di ammortamento alla francese, sarò il primo ad accettarlo. Meglio sarebbe, però, secondo me trovare una soluzione a un tavolo negoziale piuttosto che perseguire uno scontro frontale sul piano istituzionale.
Per quanto riguarda la sentenza Lexitor e la cessione del quinto, invece, pensa che si sia messo un punto?
Purtroppo siamo ancora lontani dallo scrivere la parola fine sulla questione. Finché non si arriverà alle sezioni unite potremo ancora avere giudici che daranno interpretazioni diverse della normativa. Anche perché la stessa normativa non è univoca. Basti pensare che lo scorso 10 agosto sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale due norme che prendono atto del provvedimento della Corte costituzionale sull’interpretazione e applicazione della sentenza Lexitor da parte della Corte di Giustizia Ue sull’obbligo di restituzione di tutti i costi sostenuti in relazione al contratto di credito. Però lo fanno in due modi diversi.
Sembra incredibile…
Il lettore potrà controllare con i suoi stessi occhi. Si tratta della legge n.103/2023, concernente l’attuazione di normative e il superamento di procedure di infrazione aperte verso l’Italia dalla Commissione europea, e del Decreto legge 104/2023, relativo a misure economiche urgenti. Sarebbe stato più opportuno che entrambe le norme avessero previsto un testo uguale, per evitare che si torni a decisioni diverse secondo le interpretazioni dei singoli giudici.
Un aiuto in questo senso potrà arrivare dalla direttiva europea sul credito al consumo?
Sarebbe la soluzione ideale ma dovremo attendere ancora un po’.
A che punto siamo?
Al momento si sono pronunciati sia la Commissione europea che il Consiglio europeo e il Parlamento. Si è poi passati all’esame degli emendamenti con l’obiettivo di arrivare a un testo definitivo intorno al mese di novembre. Solo dopo la pubblicazione in Gazzetta si potrà poi procedere con l’iter nazionale.