Stefano Grassi, presidente Affida “Mutui, il rialzo dei tassi? Va letto alla luce dei fatti. E non deve preoccupare risparmiatori e acquirenti”

Dal mese di marzo i tassi dei mutui sono tornati a salire, dopo un periodo di stabilità durato diversi anni, determinando un aumento del costo complessivo dei finanziamenti destinati all’acquisto dell’abitazione. Tuttavia la notizia non deve allarmare e va inquadrata alla luce degli eventi che l’hanno preceduta e del particolare momento storico che stiamo vivendo. A sottolinearlo è Stefano Grassi, presidente della società di mediazione creditizia Affida, che ritiene fondamentale fermarsi a riflettere e mettere un po’ di ordine nella miriade di informazioni che stanno travolgendo i consumatori che si apprestano a comprare casa.

Innanzitutto, partiamo da un punto fermo: i tassi sui mutui sono ai minimi storici da ormai 8/10 anni. Detto questo, in pochi mesi abbiamo visto salire alle stelle il tasso di inflazione. Un anno fa si attestava all’1,3%; a dicembre 2021 era più che raddoppiato e pari al 3,1%, oggi è al 6,5%. La causa è da ricercare innanzitutto nella difficoltà di reperimento delle materie prime, a causa degli strascichi della pandemia, e quindi nella crisi energetica, che era già latente ed è degenerata con l’attacco della Russia all’Ucraina”, spiega Grassi, che invita a staccarsi dall’attualità per collocare i dati odierni in una prospettiva più ampia.

Facciamo un passo indietro, dunque, e torniamo al 2007. Com’era la situazione e cosa successe con la crisi dei mutui subprime?
Nel 2007 si raggiunse il record delle vendite immobiliari, che toccarono quota 810.000 a fine anno, e parallelamente dei mutui erogati, pari a 70 miliardi di euro. Quindici anni fa l’Euribor, il valore di riferimento per i mutui a tasso variabile, era pari al 2,8% e l’Eurirs, il riferimento per i mutui a tasso fisso, era al 3,5%. A questi tassi venivano applicati spread bancari mediamente più alti di oggi, eppure tutti correvano a comprare casa indebitandosi. Dopo la crisi del 2008, che provocò una rapida discesa del prezzo delle abitazioni, i valori immobiliari sono rimasti pressoché invariati, facendo registrare aumenti quasi esclusivamente nelle grandi città, come Milano. Ora, fermo restando che la diversificazione di un patrimonio si conferma sempre la scelta migliore, la casa resta comunque un bene sul quale vale la pena investire. Approfittando, finché sarà possibile, da un lato, di tassi che si mantengono su livelli quasi imbarazzanti e, dall’altro, della garanzia della Consap, la concessionaria dei servizi pubblici del Mef, che sostiene il rischio delle banche e consente a privati e imprese di accedere più agevolmente al credito.

Che cosa sta succedendo ora sul mercato finanziario europeo e cosa succede ai tassi sui mutui?
Tra settembre 2014 e marzo 2016 il tasso della Bce, che è il tasso al quale la Banca Centrale Europea presta il denaro alle banche, era pari allo 0,05%. Da marzo 2016 è 0,00%. Il fatto che il tasso della Bce resti invariato non determina però automaticamente una stabilità dei tassi interbancari, i quali, infatti, stanno aumentando. L’aumento ha coinvolto finora principalmente l’Eurirs a 20 anni, che è passato dallo 0,60% di inizio anno all’1,78% del 25 maggio. Mentre l’Euribor a 6 mesi, che è attualmente a -0,20%, era a -0,54% nei primi mesi del 2022. Si tratta comunque di aumenti molto contenuti.

Quali decisioni possiamo aspettarci dalla Bce nei prossimi mesi?
Di norma le manovre sui tassi di interesse servono per gestire l’equilibrio tra inflazione e crescita. Possiamo considerare queste operazioni come una sorta di rubinetto nelle mani della Banca centrale: aumentare i tassi permette di contenere l’inflazione ma rischia al tempo stesso di rallentare la crescita. Questo accade poiché, se i tassi aumentano, le aziende ricorrono meno volentieri al debito e riducono i propri investimenti; di riflesso, si assiste a un calo dell’occupazione e a una conseguente contrazione dei consumi e dei prezzi. Per contro, ridurre i tassi di interesse produce nel medio termine una crescita economica. Con i tassi bassi le imprese sono più incentivate a ricorrere ai prestiti e a investire, assumendo personale e producendo di più. Con la conseguenza di aumentare la disponibilità economica e di merci sul mercato, nonché dei prezzi.

Questo in condizioni normali…
Esattamente. Oggi stiamo vivendo quello che nei libri di testo è stato fino ad oggi classificato come caso teorico e che i nostri nipoti leggeranno invece nei manuali di storia: tassi negativi, pandemia mondiale, rischio imminente di terza guerra mondiale/nucleare. Il verificarsi di eventi straordinari, come questi, può determinare un’accelerazione del processo di cui parlavo e, di conseguenza, la stagflazione, ovvero un periodo di recessione, decrescita o crisi che dir si voglia, accompagnato dall’inflazione. Che è un po’ come dire piove e nevica contemporaneamente.

E cosa ci si può aspettare dalla Bce in presenza di stagflazione?
Questi eventi paralizzano di fatto la possibilità di manovra della Bce. Se il consiglio direttivo decide di aumentare i tassi per contenere l’inflazione, rischia di rallentare la ripresa, indispensabile per uscire dalla recessione; se invece sceglie di abbassare i tassi per alimentare la crescita economica e uscire dalla crisi, corre il pericolo di alimentare ulteriormente l’inflazione. È ipotizzabile dunque che la Banca centrale cercherà di rimandare il più possibile l’aumento dei tassi per consentire all’economia di rafforzarsi ancora. Mentre i tassi della Bce restano stabili, però, i tassi interbancari ricominciano a salire.

E questo cosa comporta sul mercato dei mutui?
Quanto si sta verificando nel contesto macroeconomico sta determinando la fine dell’era del tasso fisso. Un fenomeno che è già sotto i nostri occhi, come è giusto che sia, visto che si basava su presupposti anch’essi storicamente determinati: negli ultimi quattro anni la forbice tra tasso fisso e tasso variabile, che storicamente si è attestata almeno a 2 punti percentuali, è stata prossima allo zero, rendendo di fatto priva di senso la stipula di un mutuo a tasso variabile. Si è trattato però, bisogna sottolinearlo, di una situazione anomala, come anomalo è stato il fatto che l’Euribor abbia viaggiato per così tanto tempo in terreno negativo.

Conclusa l’epoca del tasso fisso, che momento si apre?
Finita la convenienza dei mutui a tasso fisso, che poggiava sul fatto che per congiunture straordinarie fisso e variabile coincidevano, torna il momento del variabile. Magari con delle garanzie di stabilità, come il cap o la rata protetta.

E chi ha già un mutuo in corso?
Chi ha già un mutuo in corso non deve spaventarsi: chi ha scelto il fisso non ha nulla da temere dall’aumento dei tassi; chi ha optato per il variabile può stare tranquillo, perché l’Euribor è sempre negativo e sta crescendo molto lentamente. Senza contare il fatto che nei primi anni, per effetto dell’ammortamento francese, ha pagato più interessi che quota capitale.