Secondo gli operatori italiani del fintech è necessaria una forte armonizzazione e una completa applicazione delle norme in tutta la Ue per evitare divergenze applicative nei singoli Paesi a scapito della competitività. È quanto emerge da un’indagine effettuata da ItaliaFintech e Chiomenti in vista dell’arrivo della proposta di Psd3, la nuova direttiva Ue sui pagamenti, la cui divulgazione è prevista per il 28 prossimo giugno.
Secondo il sondaggio, presentato nel corso del convegno Waiting for Psd3: a step into the future of payments, circa il 90% dei rispondenti ritiene utile una maggior armonizzazione a livello europeo del regime applicabile ai servizi di buy now pay later, ossia i pagamenti dilazionati.
Il passaggio dalla Psd2 alla Psd3
La Psd2ha aperto la strada all’open banking, avviando una rivoluzione culturale e tecnologica e portando gli operatori tradizionali verso una nuova consapevolezza e un orientamento all’innovazione, con l’apertura – per l’utente – di nuovi modelli di interazione con la propria banca grazie a servizi innovativi, semplici, efficaci e sicuri.
“Senza la direttiva Psd2 non si sarebbe assistito all’evoluzione dell’open banking in Europa ed in Italia. La direttiva ha dato il via ad una architettura aperta e sicura dove ognuno fa la sua parte partendo dalla condivisione delle informazioni – ha dichiarato Donato Vadruccio, vice presidente di ItaliaFintech e fondatore e ceo di PayDo -. Ha dato impulso alle banche che si sono innovate ulteriormente offrendo servizi alla clientela ad alto valore aggiunto, ha creato il mercato del fintech, che mette a disposizione know how e competenza, anche migliorando l’esperienza dell’utente finale, non dimentichiamolo, vero fruitore dell’innovazione e dell’accesso open. Dal 2019 ad oggi non sono mancate le difficoltà, determinando un rallentamento dell’open banking, ma le radici sono ormai poste e auspichiamo che la Psd3 potrà dare un ulteriore impulso al mercato e servizi innovativi, ai cittadini e alle imprese”.
“Soprattutto l’estensione del perimetro dei dati accessibili agli operatori, il passaggio, cioè, dal c.d. open banking all’open finance, è in tutta evidenza destinato ad aprire alla creazione di modelli operativi e di business profondamente innovativi. Non è solo (e forse non è tanto) la diversa quantità di dati a venire in rilievo: è piuttosto la possibilità di accedere a tipologie di dati ulteriori, in primis i dati sugli investimenti del cliente, a lasciar intravedere il vero potenziale della Psd3”, ha aggiunto Alessandro Portolano di Chiomenti.
I risultati dell’indagine
L’88,9% degli intervistati afferma inoltre, che l’attività di promozione e collocamento di servizi di pagamento dovrebbe essere soggetta a un regime di autorizzazione armonizzato a livello Ue per una più equa competitività a livello internazionale penalizzata, in Italia, da una regolamentazione più restrittiva rispetto agli altri paesi Europei.
Gli operatori del fintech pensano sia anche utile introdurre un unico standard di interfaccia api in tutta l’Ue, vero fondamento dell’open banking poiché consente alle banche di condividere i dati dei clienti con aziende o app di terze parti in modo sicuro e veloce, per creare nuovi servizi, utili e sempre più personalizzati.
Per l’83,3% dei rispondenti, infatti, l’adeguamento ad uno standard internazionale che tenga conto dei costi di compliance e degli investimenti necessari, garantirebbe maggiore competitività sul mercato e una maggiore flessibilità di scelta da parte dei clienti.
Il 66,7% dichiara, inoltre, che sarebbe una opportunità per le imprese di operare a livello transfrontaliero senza la necessità di aprire filiali in ogni paese.
Significativo anche il riscontro da parte dei rispondenti sull’opportunità o meno di estendere ulteriormente l’accesso da parte dei tpp (third party providers) – ossia fornitori di servizi di pagamento che accedono ai dati dei conti bancari dei clienti -, anche a ulteriori informazioni di natura finanziaria come gli strumenti finanziari o polizze assicurative sottoscritte e altro. Il 50% ha dichiarato che questo permetterebbe di dare un impulso allo sviluppo di modelli di business e servizi innovativi mentre il restante 44,4% vorrebbe che l’estensione avvenisse in modo graduale solo quando sarà possibile assicurare dal punto di vista tecnologico affidabilità, immediatezza nell’accesso ai dati. Infine, anche per il mondo dei pagamenti, l’intelligenza artificiale sarà l’applicazione tecnologia del prossimo futuro secondo il 72,2% dei rispondenti in quanto potrà fornire maggior velocità e tracciabilità immediata dei pagamenti, rilevare frodi, rendere più personalizzate le offerte e rendere i processi automatizzati. Dall’altra parte si rilevano anche i rischi legati alla sicurezza e la privacy dei dati, all’affidabilità e responsabilità, ai Bias e discriminazione e alla dipendenza tecnologica.