Cresce ma resta indietro rispetto ai principali Paesi europei. È l’andamento del fintech in Italia, risiede solo l’8% delle star up di settore, la stessa quota della Spagna, mentre Francia (17%) e Regno Unito (67%) mostrano una maggiore maturità del mercato.
A rilevarlo è il report 2025 “Il fintech in Italia e in Europa: contesti e regole diverse. Come attrarre più investitori e sostenere aziende di successo“, presentato lo scorso 2 aprile da ItaliaFintech e redatto con il contributo scientifico dell’Osservatorio fintech & insurtech del Politecnico di Milano.
Lo studio ha analizzato l’andamento del comparto in 4 Paesi: Italia, Spagna, Francia e Regno Unito. E ha evidenziato come l’Italia, pur mostrando segnali di sviluppo, rimanga ancora in ritardo rispetto agli altri ecosistemi.
I nodi principali
L’accesso ai capitali
Il nodo principale emerso riguarda l’accesso ai capitali, che rappresenta oggi il grande freno allo sviluppo del fintech italiano. Il funding medio per start up è pari a 12,5 milioni di euro, un dato simile a quello francese ma fortemente influenzato da pochi grandi round. Escludendo i megafinanziamenti, la media reale si abbassa a 4,7 milioni, ben al di sotto della media europea. Inoltre, il 47% dei round in Italia è inferiore a 1 milione di euro, mentre nei mercati più maturi come Regno Unito e Francia i capitali si concentrano in round più consistenti, favorendo la crescita delle realtà più promettenti.
La semplificazione e il sostegno nell’avvio di nuove imprese innovative rappresenta, secondo Italiafintech, una priorità strategica, in linea anche con i richiami del Rapporto Draghi rispetto alla necessità di costruire maggiore competitività nel digitale.
“Il fintech sta prendendo chiaramente una doppia luce oggi. Da una parte le start up. Dopo un decennio di crescita esplosiva, dal 2021 il numero di nuove startup è in calo, registrando nel 2024 il valore più basso degli ultimi anni, e questo vale sia per l’Italia che per gli altri Paesi europei analizzati. Oggi la sfida per le start up fintech è riuscire a scalare in un contesto in cui gli investitori sono più selettivi e orientati alla sostenibilità del modello di business, mentre le banche, forti di margini generosi, sentono meno la necessità di innovare e offrire nuove soluzioni alla clientela – ha affermato Laura Grassi, direttrice dell’Osservatorio fintech & insurtech del Politecnico di Milano -. Dall’altra, le banche. La chiusura attuale nei confronti dell’open finance è un errore strategico: ci si concentra solo sui rischi dell’introdurre l’innovazione, senza rendersi conto che il vero pericolo è lasciare campo libero a chi quei dati sa già sfruttarli al meglio. Fida, la proposta di regolamento europeo sul financial data access, rappresenta un’opportunità fondamentale per rafforzare la competitività europea e offrire benefici concreti al settore e consumatori, garantendo al tempo stesso la sicurezza dei dati. Eppure, stiamo riuscendo a fare passi indietro, mettendo a rischio il futuro dell’innovazione finanziaria in Europa. Dovremmo chiederci cosa significhi davvero essere competitivi in questa nuova era dominata dalla centralità dei dati: se non prendiamo oggi decisioni lungimiranti, domani potrebbe essere troppo tardi per recuperare terreno”.
Complessità e costi per costituire una start up
In Italia, nonostante i recenti progressi, il processo di costituzione di una start up risulta ancora complesso e relativamente oneroso.
A questo proposito Italiafintech suggerisce di completare la digitalizzazione del percorso costitutivo, valorizzando il sistema camerale. E, parallelamente, di aggiornare il regime delle start up innovative, introducendo strumenti più flessibili e proporzionali alle diverse fasi di sviluppo delle start up. “Una revisione organica dovrebbe rafforzare la transizione verso le pmi innovative, semplificare gli adempimenti e rendere più inclusivi i criteri di accesso, valorizzando anche competenze non tradizionali. Un’azione mirata in tal senso può contribuire a rendere l’ecosistema nazionale più competitivo e in linea con le migliori pratiche europee”, si legge nel report.
Proposte di policy per il futuro del fintech italiano
Nel rapporto sono state avanzate proposte puntuali su diversi ambiti regolatori, a partire da un’implementazione piena e ordinata della regolamentazione dei cripto-asset (Micar), l’adozione di azioni per semplificare e armonizzare l’applicazione delle norme sul crowdfunding, promuovere l’adozione dell’open finance attraverso una piena attuazione dell’open banking, e garantire maggiore proporzionalità nella disciplina antiriciclaggio. In ambito fiscale, è stata sottolineata la necessità di assicurare un quadro stabile e competitivo, evitando oscillazioni normative che rischiano di penalizzare l’innovazione.
È emersa inoltre l’urgenza di rafforzare l’accesso ai capitali, rendere più incisive le politiche pubbliche e facilitare la scalabilità delle start up italiane. I modelli di successo adottati all’estero hanno dimostrato quanto strumenti come le sandbox regolamentarie un dialogo costante con le autorità di vigilanza possano fare la differenza nello sviluppo del settore.
“Come Italiafintech abbiamo proposto un decalogo di azioni concrete, con l’obiettivo di rendere l’Italia una nazione più favorevole alla diffusione di una vera cultura digitale e allo sviluppo del fintech – ha dichiarato il presidente Michelangelo Bottesini -. Partiamo da un tema semplice e cruciale per stimolare l’innovazione: avviare una start up nel nostro Paese è ancora troppo complesso, costoso e lento. Possiamo e dobbiamo incentivare la costituzione societaria digitale, valorizzando anche meccanismi innovativi come l’identità digitale e ripristinare processi meno burocratici per le Startup Innovative. In diversi Paesi europei (Francia, Spagna, Estonia, solo per citarne alcuni) la costituzione online delle start up è realmente snella, tanto che oggi per un cittadino italiano può addirittura risultare più facile costituire una società online in un’altra giurisdizione europea piuttosto che farlo in Italia. Serve inoltre un approccio più aperto al regime delle start- up innovative, con meno vincoli, una progressività di incentivi a chi investe pensata sul ciclo di vita delle start up e una revisione dei requisiti capace di valorizzare anche competenze non esclusivamente accademiche. Solo così potremo rendere il nostro ecosistema fintech davvero competitivo, moderno e attrattivo”.