In realtà Bnl e Bnp Paribas avevano già restituito allo Stato italiano i vantaggi fiscali ottenuti e dunque la sentenza della Corte non avrà concreti effetti economici sugli istituti.
La Corte Ue ha ripercorso in un comunicato l’iter normativo e dei pronunciamenti sul riallineamento fiscale, indicando in particolare che nel 2008 la Commissione europea aveva adottato una decisione secondo cui i regimi di riallineamento fiscale istituiti nel 1990, nel 2000 e nel 2001 costituivano misure fiscali generali giustificate dalla logica del sistema. Esse non potevano essere qualificate come aiuti di Stato. Infatti, l’imposta sostituiva era applicabile secondo le stesse modalità a tutte le società, a prescindere che esse fossero bancarie o meno. Per contro, la Commissione ha rilevato che la legge finanziaria del 2004 non costituiva una misura generale, in quanto riservava dei vantaggi a taluni istituti di credito, nell’ambito delle sole riorganizzazioni attuate in applicazione della legge n. 218/1990. Gli altri istituti di credito e le altre societa’ non avrebbero potuto beneficiare di tale regime di riallineamento fiscale.
Conseguentemente, la Commissione ha ritenuto che il regime applicabile al settore bancario implicasse un vantaggio selettivo che si ripercuoteva sul miglioramento della competitività di talune imprese, non giustificato dalla natura del sistema fiscale italiano. Tale regime costituiva di perciò un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune, illegittimamente attuato dall’Italia, aiuto che doveva essere quindi recuperato nei confronti delle banche beneficiarie.
Con sentenza pronunciata nel 2010 , il Tribunale ha respinto la domanda di annullamento della decisione della Commissione proposta dalla Bnp Paribas e Bnl, beneficiarie dell’aiuto di Stato in questione.
La Corte comunque in parte ha accolto il ricorso di Bnl e Bnp Paribas in quanto ha ritenuto che il Tribunale, non avendo esercitato un controllo completo sulla questione se il regime di riallineamento fiscale costituisse un aiuto di Stato, e’ incorso in un errore di diritto: la sentenza impugnata dev’essere conseguentemente annullata. La Corte ha quindi esaminato la controversia riconoscendo che i regimi di riallineamento previsti dalle leggi italiane del 2000 e 2001 consentivano di riconoscere le plusvalenze realizzate a fronte del versamento di un’imposta sostitutiva uniforme per tutte le imprese e potevano essere considerate quali misure fiscali generali, giustificate dalla logica del sistema fiscale italiano. Per contro, la legge finanziaria del 2004 ha prorogato il regime solamente per le società beneficiarie dei conferimenti di attivi a seguito di operazioni realizzate nell’ambito della legge n. 218/1990. Il governo italiano ha d’altronde riconosciuto che il regime procurava un vantaggio fiscale per gli istituti bancari, mentre le altre società non potevano più beneficiarne. Conseguentemente, la Corte ha dichiarato che il regime fiscale controverso previsto a favore degli istituti bancari non era giustificato dalla logica del sistema fiscale italiano respingendo, quindi, i ricorsi della Bnp Paribas e della Bnl.