Le Big Banks fanno testamento

La decisione di scrivere un “testamento di fine vita” (gli addetti ai lavori li chiamono proprio living wills, anche se in realtà hanno lo scopo opposto, e cioè quello di impedire che qualcuno stacchi la spina) è stata di fatto imposta alle banche dalla nuova disciplina, che consente ai regolatori Usa di ordinare a un istituto di alienare le sue società controllate nel caso in cui non sia in grado di pianificare una procedura ordinata di fallimento. Un’ipotesi che ha spinto anche le banche più solide a elaborare piani B che contemplino scenari catastrofici, al fine, appunto, di scongiurarli e mantenere il controllo del proprio business.

Il termine ultimo previsto per la presentazione dei programmi è il primo luglio.

“A cominciare da questo momento l’estrema complessità che caratterizza l’organizzazione di questi istituti dovrà necessariamente ridursi”, ha commentato sulle pagine di The Economic Times Dan Ryan, responsabile financial services regulatory practice presso il network internazionale di revisione dei bilanci PricewaterhouseCoopers. “I liquidation plans diventeranno la norma e gli amministratori delle banche dovranno fare i loro conti tenendoli ben presenti”.

Anche altri Paesi, tra cui la Gran Bretagna, sono al lavoro per imporre ai propri istituti piani di liquidazione in caso di crisi dopo che il mese scorso il problema della solidità delle big banks è tornato a preoccupare i governi a seguito della rivelazione da parte di JPMorgan di aver bruciato a causa di una trading debacle 2 miliardi di dollari, una cifra certamente troppo piccola per farla fallire ma comunque sufficiente ad evocare il pauroso spettro della crisi del 2008.