“Serve un cambiamento del quadro normativo di settore per governare i processi di digitalizzazione in atto ed evitare che si venga a determinare un pericoloso sfasamento tra quello che stabiliscono le regole e la realtà in cui sempre più forte è la presenza delle piattaforme di lending e crowdfunding”. È quanto affermato oggi dal direttore generale dell’Organismo agenti e mediatori (Oam), Federico Luchetti, questa mattina nel corso del summit “Il mercato creditizio e immobiliare nell’era digitale” promosso dalla Fimaa (Federazione italiana mediatori agenti d’affari).
“In apertura del convegno si è parlato di banche, della necessità di ridurre costi e quindi gli sportelli e della conseguente apertura di nuovi spazi per i mediatori. Dobbiamo però guardare avanti e fare i conti anche con i concorrenti delle banche, e cioè il fintech e le piattaforme di lending e crowdunding. Dobbiamo focalizzarci su quello che sta accadendo per cercare di intervenire in anticipo e governare il cambiamento piuttosto che arrivare sempre dopo”, ha dichiarato Luchetti.
A tale proposito ha ricordato i dati di una recente analisi. “Secondo uno studio del Politecnico di Milano, pubblicato a giugno di quest’anno, sono operative 18 piattaforme, di cui 7 destinate al real estate e 11 destinate a finanziare le imprese. Ragionando in termini di volume al 30 giugno 2020 il crowdinvesting ha avuto un giro complessivo di affari di pari a 749 milioni di euro. Nel dettaglio, 410 milioni di euro sono andati alle persone fisiche e 339 milioni di euro alle imprese. A giugno 2020 si è assistito a un aumento del 113% del volume di affari su base annua: 134 milioni di euro alle persone fisiche (+10%) e 179 milioni alle imprese, con un aumento del 113%”.
Cosa spinge a rivolgersi al fintech
Concentrandosi sulle motivazioni che hanno spinto a rivolgersi alla tecnologia applicata alla finanza, Luchetti ha aggiunto: “Dal rapporto del Politecnico di Milano è emerso un altro dato fondamentale. Gli imprenditori si sono rivolti al fintech per la rapidità con la quale vengono erogati questi finanziamenti. Ormai il fattore tempo è diventato un elemento determinante nella scelta, a volte viene preferito anche al tasso di interesse se la variazione non è particolarmente rilevante”.
Le piattaforme e le reti fisiche
“A questa esplosione delle piattaforme, con le quali dovremo prima o poi confrontarci, si accompagna il fatto che stanno cominciando ad attrezzarsi con una propria rete distributiva. Quindi anche le piattaforme, che nascono come strumento digitale, si sono rese conto che la digitalizzazione è solo una faccia della medaglia e che questa si accompagna al rapporto fisico” ha spiegato il direttore generale dell’Oam.
La sfida: giocare di anticipo e governare il cambiamento
Il problema di fondo, per Luchetti, è il quadro normativo di riferimento degli intermediari del credito in senso lato, che ha retto e al momento sta reggendo ma rischia di vacillare. “La vera sfida è anticipare le evoluzioni che si stanno realizzando sul mercato, non per frenare l’evoluzione tecnologica, che sarebbe francamente ridicolo, come cercare di svuotare un oceano con un bicchiere, ma per dare la possibilità allo Stato di governare il processo in atto, stabilendo delle regole certe per tutti. Altrimenti a breve assisteremo a uno sfasamento tra la realtà e quello che stabilisce la norma. Un’asimmetria che può determinare problemi seri”, ha affermato.
L’auspicio è di poter rimettere mano al quadro normativo: “Ci vuole un intervento come il vecchio 141, che ha profondamente cambiato il settore. Bisognerà nuovamente innovare il perimetro normativo per l’intero settore. Perché oltre agli operatori del settore il rischio è di danneggiare in primis il consumatore, che è sempre l’anello debole della catena. L’Oam si sta battendo da tempo per questo ma finora si è scontrata con un muro”.
Le sfide del futuro
Alla domanda su quanto saranno e dovranno essere digitalizzati i mediatori creditizi in futuro, Luchetti ha risposto che il processo di digitalizzazione è irreversibile. “Col tempo si troverà un equilibrio ma trovo difficile che si possa tornare indietro – ha detto -. Per velocizzare i processi ed essere competitivi c’è bisogno del digitale, mantenendo la capacità di lavorare in maniera duttile. Questo significa fornire servizi che hanno come connotazione fondamentale la velocità, digitalizzando quello che si può digitalizzare. Le due anime del mediatore sono back office e front office. A mio avviso, è opportuno digitalizzare al massimo il back office, che consente di andare incontro con rapidità alle richieste dei clienti, ammortizzando gli investimenti. Non si potrà invece spingere troppo la digitalizzazione del front office. La pandemia ci ha portato ad apprezzare il ricorso alle video call ma l’incontro fisico sarà necessario ancora per molto tempo per la stipula di un mutuo, perché è la consacrazione del rapporto di fiducia tra il mediatore, rappresentato dal collaboratore, e il consumatore. Consigliere perciò ai mediatori di non portare in cantina la valigetta portadocumenti in tempi rapidi, perché prima che diventi vintage ci vorrà del tempo”.
Come è cambiato il settore sotto la spinta della digitalizzazione
In questo 2020, che è stato un anno pesante per la mediazione creditizia e per l’economia, tre tendenze hanno caratterizzato il settore della mediazione creditizia sotto il profilo della digitalizzazione. Il primo è il fatto che le piattaforme di comparazione abbiano iniziato a iscriversi all’Oam. “Questo sta accadendo perché è cambiato il loro modello di business – ha chiarito -. All’inizio le piattaforme venivano percepite come strumenti per fare delle indagini di mercato: il potenziale cliente cercava online il prodotto migliore per poi andare in banca e scoprire che quell’offerta si poteva ottenere solo attraverso gli intermediari del credito. Le piattaforme hanno perciò cambiato il proprio modello di business e ora si stanno iscrivendo all’Oam. In questo caso la digitalizzazione è a monte del sistema e rappresenta il primo punto di contatto con il potenziale cliente. E chiaramente comporta investimenti economici importanti”.
In secondo luogo, la digitalizzazione imposta dal lockdown ha reso più evidenti le differenze tra grandi e piccole strutture. “I dati che abbiamo raccolto di recente e che verranno pubblicati entro fine anno evidenziano come le grandi strutture abbiano retto meglio dal punto di vista economico, perché hanno avuto la capacità di fare nuovi investimenti per avviare o accelerare i processi già iniziati per agevolare lo smart working e la digitalizzazione del servizio”.
E infine il mercato della mediazione creditizia sta andando verso la digitalizzazione dell’intero processo di vendita. “Lo si evince dalla proliferazione delle società di software che offrono pacchetti per questo servizio. E questo significa che la domanda è forte”, ha concluso Luchetti.