Intermediazione del credito: mandanti e agenti, un rapporto idilliaco? Cosa emerge dal rapporto Oam – Prometeia 2024. E lo sguardo verso i mediatori…

Particolare dal Rapporto Oam - Prometeia 2024Cosa pensano gli agenti in attività finanziaria delle proprie mandanti e le mandanti dei propri agenti? Ad accendere un faro sull’argomento è l’analisi “Agenti e mediatori in Italia: posizionamento e traiettorie evolutive”, a cura dall’ufficio studi dell’Oam in collaborazione con Prometeia e diffusa lo scorso 23 aprile.

Per scoprirlo bisogna spulciare tra le pagine del report, che evidenzia come il rapporto presenti diverse sfaccettature, soprattutto quando si tocca il tema del monomandato.

L’indagine, finalizzata a raccogliere il punto di vista degli operatori del settore, ha coinvolto 10 società mandanti / convenzionate, di cui 6 banche, 3 intermediari finanziari ex. art. 106 tub e 1 confidi e 15 agenti persone giuridiche, di cui 5 di grandi dimensioni, 5 di medie dimensioni e 5 di piccole dimensioni, con una forza lavoro pari a circa 1.000 collaboratori (circa il 12% del totale dei collaboratori attivi degli agenti in attività finanziaria). E ha riguardato, tra le altre cose, la sfera delle opinioni degli operatori del settore.

Cosa emerge

Le società mandanti / convenzionate considerano gli agenti in attività finanziaria un’“elongazione” delle strutture interne. A detta delle mandanti sono “regolati da rapporti stabili, controllati e incentivati secondo schemi proprietari, e utilizzati per servizi flessibili, percepiti come consulenziali e maggiormente specializzati, oltre che per attuare strategie di presidio commerciale di lungo termine”.

Gli agenti in attività finanziaria considerano la stabilità del legame con le società mandanti il vero “elemento di sopravvivenza” e come l’unica figura “sostenibile” per una proposizione commerciale specializzata e flessibile. Tuttavia più della metà (66%) considera il vincolo del monomandato la principale causa di rallentamento alla crescita della propria operatività.

Monomandato: freno per più della metà degli agenti, indispensabile per le mandanti

Dal report Oam Prometeia emergono alcune importanti considerazioni sul vincolo di monomandato, sulla cui opportunità di sopravvivenza si era non a caso interrogato provocatoriamente già il direttore generale dell’Organismo, Federico Luchetti, in occasione del convegno Assilea a luglio 2023.

Mentre il 66% degli agenti intervistati pensa che il monomandato rappresenti la principale causa di rallentamento alla crescita della propria operatività e che, superando tale vincolo normativo, registrerebbe un aumento dei volumi compreso tra il 25% e il 50%; le mandanti ritengono che un’apertura al plurimandato degli agenti rappresenterebbe “un passo indietro, determinando una riduzione del grado di ricorso a tali figure, date le minori capacità di controllo (con potenziali riflessi reputazionali) e la minor propensione a investimenti (formazione, tecnologie ecc.)”.

Agenzie in attività finanziaria, fonte del 75% dei volumi delle mandanti

Del resto, le mandanti percepiscono gli agenti in attività finanziaria, monomandatari, come un prolungamento delle proprie strutture interne.

Più del 70% delle società intervistate ritiene che gli agenti facilitino “la creazione di rapporti relazionali di lungo termine con la clientela in misura rilevante (e particolarmente rilevante), in considerazione della flessibilità e reperibilità che contraddistinguono tali intermediari creditizi”.

Non solo, per le mandanti dalla rete agenziale arriva anche una fetta importante dei volumi erogati. Secondo l’indagine “Agenti e mediatori in Italia: posizionamento e traiettorie evolutive”, per il 45% degli intervistati il canale agenziale contribuisce per oltre 75% ai volumi erogati, mentre i mediatori creditizi contribuiscono – per il 71% delle società convenzionate – con un’incidenza mediamente inferiore al 25% sul totale dei volumi erogati complessivamente.

Il 64% delle mandanti ha dichiarato inoltre di aver aumentato il ricorso agli agenti negli ultimi 5 anni; mentre il 57% ha registrato un andamento stabile nel ricorso ai mediatori convenzionati.

Un grado di controllo commerciale elevato

Entrambe le figure confermano l’esistenza di un grado di controllo commerciale elevato.

Tutte le mandanti hanno riferito di adottare “o strategie di definizione di budget in capo agli agenti in termini di volumi target; o strategie di declinazione di territori di competenza da presidiare da parte degli agenti (volta ad evitare l’eventualità di cannibalizzazione tra reti o canali alternativi); o strategie di eventuale declinazione di tipologie di clientela a cui rivolgersi”.

Risulta invece medio il controllo in capo ai mediatori, verso i quali solo il 57% delle società ha affermato di esercitare un grado di controllo elevato al pari di quello nei confronti degli agenti, mentre i restanti intervistati hanno comunicato la sola indicazione di territori da presidiare, senza declinazione di un budget in termini di volumi da realizzare.

L’80% degli agenti ha dichiarato a Oam e Prometeia di presentare un grado di dipendenza elevato, in funzione:

  • dell’indicazione di budget commerciali in termini di volumi target;
  • dell’indicazione di territori di competenza da presidiare
  • dell’eventuale indicazione di tipologie di clientela a cui rivolgersi.

Parallelamente, le reti di collaboratori degli agenti in attività finanziaria risultano “quasi completamente soggette ad un grado di controllo commerciale elevato, in funzione delle medesime indicazioni ricevute da parte delle società mandanti”.

Uno sguardo al futuro, le previsioni delle due parti

Divergono parzialmente anche le previsioni per il futuro per i prossimi 10 anni.

Il 64% delle società mandanti intervistate prevede di aumentare il ricorso al canale agenziale, “a conferma dei rapporti di lungo termine ricercati dagli operatori bancari / finanziari per un presidio commerciale specializzato a livello territoriale che garantisca la capacità di raggiungere i clienti, con crescenti esigenze, in maniera flessibile”.

Relativamente, invece, ai mediatori creditizi, le società mandanti mostrano posizioni opposte: il 29% dichiara di volersi avvalere dei mediatori in misura “significativamente maggiore”, mentre la restante parte degli operatori risulta divisa tra chi non ricercherà nuove convenzioni e chi vede il valore aggiunto dei mediatori in misura ridotta nelle proprie strategie future.

Sebbene per gli agenti in attività finanziaria, in un mercato in cui cresce la competizione e si riducono i margini, la stabilità del legame con le società mandanti rappresenti il vero “elemento di sopravvivenza”, le aziende intervistate hanno iniziato anche a considerare percorsi aggregativi di tipo diverso.

Rispetto alle strategie di crescita future nel prossimo decennio, “il 47% degli agenti non sta considerando il coinvolgimento in percorsi aggregativi, mentre qualche agente (33%), di medio-grandi dimensioni, sarebbe invece interessato a valutare l’acquisizione di altri agenti di minori dimensioni”.

C’è di più, “in uno scenario di crescite non significative, caratterizzato da un progressivo invecchiamento (professione poco attrattiva per i giovani) e minor redditività, l’agente debba ricercare rapporti di lungo termine. Per i più piccoli e/o meno stabili, il modello del mediatore potrebbe costituire una possibilità (se non necessità) evolutiva”.