Mario Borin, presidente Sviluppo Artigiano: “Guardiamo con interesse ai minibond e al microcredito”

Borin, Sviluppo ArtigianoNato nel 1984 a Vicenza con un capitale iniziale di 6 milioni di lire, Sviluppo Artigiano ha conosciuto negli oltre trent’anni di attività una notevole crescita, passata attraverso quattro incorporazioni di altri soggetti, che lo ha portato a essere oggi una delle più dinamiche realtà che operano nel settore dei confidi, con quasi 30mila aziende socie e filiali in Lombardia, Veneto e Friuli Venezia-Giulia. Con il presidente e fondatore Mario Borin parliamo dei progetti in cantiere dopo l’iscrizione al nuovo albo unico degli intermediari ex articolo 106 del T.u.b..

Chi sono i vostri soci?
Assistiamo aziende e imprese che operano nel settore dell’artigianato, del commercio e dell’industria, e che vanno da una dimensione micro fino a realtà con oltre 50 dipendenti, con fatturati che partono da 50-100mila euro e superano i 12 milioni. Sono tutti soggetti che hanno necessità di reperire credito per portare avanti il proprio business. Il nostro obiettivo è proprio quello di creare una “massa critica” in grado di interloquire efficacemente con le istituzioni, in particolare le Regioni, con le banche e le società finanziarie, assumendoci al tempo stesso l’onere di coprire le perdite subite dai soci e rilasciando garanzie e fideiussioni.

Cosa prevede il vostro piano industriale?
L’obiettivo principale è quello di consolidare le nostre attività e la nostra struttura, ampliando parallelamente i servizi legati alla consulenza e i prodotti a disposizione dei soci. In quest’ottica proprio in questi giorni abbiamo avviato dei contatti con iFidi, una società cooperativa che opera a Milano, Varese e Bergamo, e stiamo valutando una possibile fusione.

E per i nuovi prodotti a cosa state pensando?
Principalmente ai minibond, strumento che consente di garantire alle imprese una liquidità che non è reperibile sul mercato, e al microcredito, che offre possibilità importanti, soprattutto alle micro e alle piccole imprese. Il credit crunch non è ancora finito e le aziende negli ultimi anni hanno visto calare sensibilmente i finanziamenti a cui hanno accesso. Minibond e microcredito possono rappresentare una risposta, seppur parziale, all’esigenza di ottenere denaro per i propri affari e le proprie attività. I confidi possono raccogliere questo tipo di domanda, che per le banche ha poco o nessun interesse, perché fornire prestiti da 30 o anche 50mila euro è considerato poco redditizio dagli istituti di credito. Il nostro caso è molto diverso perché operando sul territorio conosciamo da vicino le imprese e sappiamo quali sono affidabili e meritano sostegno.

Come evolverà il sistema dei confidi nei prossimi anni?
Mi sembra ragionevole supporre che si verificheranno nuovi accorpamenti, in parte volontari in parte favoriti dalla vigilanza. Sicuramente c’è bisogno di strutture più solide rispetto a quelle che si avevano in passato, in grado di soddisfare le esigenze di patrimonialità e di diversificazione del rischio. I confidi diminuiranno di numero e saranno chiamati ad ampliare l’offerta di prodotti e servizi che sono in grado di offrire alle imprese.

L’istituzione dell’Organismo di vigilanza sui confidi aiuterà il settore?
Indubbiamente favorirà un’ulteriore professionalizzazione dei soggetti che operano nel settore, che nel complesso conoscerà una maggiore disciplina.