Il piano di ammortamento alla francese è tornato sul tavolo delle sezioni unite della Corte di Cassazione, chiamate a enunciare un nuovo principio di diritto vincolante per il futuro. Stabilito con la sentenza n. 19597 del 18 settembre 2020 che il contratto non si configura come anatocistico, questa volta si dovrà stabilire se violi le norme sulla trasparenza.
Lo scorso 6 settembre la prima presidente, Margherita Cassano, ha infatti assegnato alle sezioni unite civili una questione che risulta nuova “non essendo stata ancora risolta ex professo dalla Corte di Cassazione”, suscettibile di porsi in numerosi giudizi e presenta “gravi difficoltà interpretative, essendo possibili diverse letture delle norme di riferimento”.
L’antefatto
Il tribunale di Salerno, con ordinanza del 19 luglio 2023, ha disposto il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Cassazione per la risoluzione di una questione relativa a un contratto di mutuo bancario.
In particolare, nel corso di un giudizio civile il tribunale è stato chiamato a giudicare circa la nullità parziale di un contratto di mutuo ipotecario stipulato con un istituto di credito, nel quale mancavano l’indicazione della modalità di ammortamento (il piando di ammortamento alla francese, che prevede la corresponsione di rate costanti in cui la quota degli interessi è progressivamente decrescente e quella del capitale crescente), del sistema di capitalizzazione adottato (interesse composto) e della modalità di calcolo degli interessi passivi.
La questione
Nel trasferire la questione alle sezioni unite, la presidente della Corte ha sottolineato che si dovrà stabilire, con riguardo al piano di ammortamento alla francese, se il finanziamento sia viziato per la indeterminatezza delle condizioni pattuite, sotto differenti aspetti: “l’omessa pattuizione del regime di capitalizzazione composta in luogo del regime di capitalizzazione semplice, che si afferma essere stato prescritto dall’articolo 821 del codice civile, e l’applicazione al finanziamento di un tasso effettivo differente e maggiore rispetto al Tan pattuito”.
In sostanza, cosa succede se in un contratto di mutuo non si indicano il regime di capitalizzazione composto degli interessi debitori – pure a fronte della previsione per iscritto del Tasso nominale (Tan) – e la modalità di ammortamento alla francese? Il contratto viola le norme in tema di trasparenza? Le sezioni unite dovranno decidere se queste lacune possono comportare l’indeterminatezza o l’indeterminabilità dell’oggetto del contratto, con conseguente nullità strutturale “in forza del combinato disposto degli articoli 1346 e 1418, secondo comma, codice civile”, nonché “stante la specialità della materia bancaria, soggetta alla disciplina del d.lgs. numero 385 del 1993 (Tub), la violazione delle norme in materia di trasparenza e, segnatamente, quella di cui all’articolo 117, comma 4, Tub, che impone, sotto pena di nullità, che i contratti indichino il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizioni praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora”.
La complessità della materia: la coesistenza di due tesi opposte
Il giudice del tribunale di Salerno evidenzia la compresenza di due chiavi di lettura relative alla composizione delle rate del prestito e alla mancata indicazione del regime di capitalizzazione composta del contratto di mutuo.
Quota capitale e quota interessi. Sotto il profilo delle modalità con cui vengono composte le singole rate del prestito in relazione al rapporto tra capitale e interessi, il giudice rimettente riferisce una prima interpretazione, secondo la quale dall’omessa indicazione non deriverebbero conseguenze di sorta, né in punto di determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto, né tantomeno con riguardo alla trasparenza bancaria. Questo perché ai contratti di mutuo viene sempre allegato il piano di ammortamento, dal quale il cliente potrebbe desumere la composizione delle singole rate durante il periodo di rimborso. “La mancata indicazione della modalità di ammortamento non risulterebbe, d’altra parte, pregiudizievole per il cliente in termini di prezzo e condizioni praticati, riguardando esclusivamente la composizione delle singole rate, e costituendo il piano di ammortamento e la relativa strutturazione la logica e naturale applicazione di quanto contrattualmente pattuito nelle condizioni economiche redatte per iscritto nel corpo del contratto e, dunque, conosciute e conoscibili ex ante dal cliente”, si legge nel testo.
A questa prima impostazione si contrappone una seconda interpretazione, in base alla quale la modalità di ammortamento alla francese, specie in relazione all’applicazione del regime di capitalizzazione composto degli interessi debitori, “sarebbe suscettibile di determinare un significativo incremento del costo complessivo del denaro preso a prestito dal cliente, specialmente allorquando vengano ad essere corrisposti dapprima gli interessi (capitalizzati in modo composto) e poi il capitale”. Dunque il piano di ammortamento si configurerebbe come un costo, da esplicitare nel contratto.
Gli interessi composti. Anche sulle conseguenze derivanti dalla mancata indicazione del regime di capitalizzazione composta del contratto di mutuo, l’ordinanza evidenzia che si fronteggiano due interpretazioni. La prima esclude ricadute in termini di validità, perché il cliente potrebbe pur sempre evincere Il regime di capitalizzazione dalla lettura delle condizioni contrattuali ed economiche pattuite, “tanto più che la banca non sarebbe tenuta ad esplicitare la formula matematica finanziaria sottesa al calcolo degli interessi, tale informazione essendo implicita nel piano di ammortamento”. L’altra ricostruzione ritiene che la scelta di una determinata modalità di capitalizzazione degli interessi, diversa da quella semplice, costituisce per il cliente un aggravio di costo e, come tale, debba essere indicata nei contratti bancari per iscritto in modo chiaro, comprensibile e inequivocabile, “anche per la necessità di assicurare il rispetto della trasparenza”.
La necessità di un chiarimento
A porre la parola fine alla controversia sono state chiamate le sezioni unite civili della Corte di Cassazione, che dovranno fornire un’interpretazione univoca ai giudici di merito e all’Arbitro Bancario, più volte chiamati a pronunciarsi sul tema.