Utenti diffidenti verso dispositivi troppo umanizzati. Una ricerca Luiss, Neoma, Unimore mette in guardia: “Considerati invasivi. Si cerca fiducia e controllo”

Luiss LogoUn decennio fa si prevedeva che entro il 2020 il mondo sarebbe stato popolato da 50 miliardi di oggetti connessi. Ma nel 2022 se ne contavano 14 miliardi. Perché questa lentezza? Se lo sono chiesti tre ricercatori, Ilaria Querci (Neoma Business School), Luigi Monsurrò (Unimore) e Paolo Peverini (Luiss), che hanno evidenziato come l’eccessiva umanizzazione degli oggetti connessi possa generare una diffusa sfiducia nei loro confronti, facendoli percepire come invasivi e intrusivi

Lo studio, intitolato When anthropomorphism backfires: Anticipation of negative social roles as a source of resistance to smart object adoption (“Quando l’antropomorfismo si ritorce contro: l’anticipazione dei ruoli sociali negativi come fonte di resistenza all’adozione di oggetti intelligenti“, Technovation, aprile 2024), indaga aspetti inediti della resistenza dei consumatori verso le tecnologie umanizzate, concludendo che gli utenti reticenti percepiscono questi oggetti come pericolosi, associandoli a ruoli sociali poco lusinghieri.

In particolare, l’umanizzazione degli oggetti connessi potrebbe essere un’arma a doppio taglio. “Alcuni consumatori ritengono che questi oggetti siano un’invasione della loro privacy”, spiega Ilaria Querci. Dando a queste tecnologie una voce, un nome o una personalità, si potrebbe pensare che ciò le renda più accettabili. Tuttavia, lo studio dimostra che questo può in realtà aumentare la resistenza.

Perché è così difficile adottarle? Le tre barriere che scattano negli utenti

Lo studio individua tre tipi di barriere all’adozione degli oggetti connessi:

  • barriere funzionali: gli utenti spesso trovano questi oggetti complicati da usare, costosi da mantenere e potenzialmente pericolosi per la loro salute;
  • barriere psicologiche: i consumatori dubitano della necessità di essere aiutati da un oggetto piuttosto che da un essere umano e mettono in discussione i reali miglioramenti apportati alla loro vita quotidiana;
  • barriere individuali: alcune persone preferiscono la continuità al cambiamento e sono quindi poco propense ad abbracciare le nuove tecnologie.

I consumatori sono riluttanti ad adottare oggetti connessi per paura di perdere il controllo della propria vita quotidiana“, afferma Paolo Peverini.

I quattro ruoli sociali negativi 

I ricercatori hanno condotto interviste qualitative con 33 adulti, rivelando quattro ruoli sociali negativi attribuiti agli oggetti connessi: il devastatore, il dominatore, lo stalker e il seduttore.

  • Il devastatore: gli oggetti connessi sono percepiti come entità che controllano e sfruttano gli utenti, riducendo la loro libertà e isolandoli. I partecipanti hanno notato che questi oggetti rappresentano una minaccia che riduce la loro autonomia.
  • Il dominatore: la paura che le macchine sostituiscano gli esseri umani, invadano il loro spazio personale e controllino la loro vita quotidiana è onnipresente. Alcuni trovano opprimente la mancanza di confini tra l’oggetto e l’individuo.
  • Lo stalker: gli oggetti sono visti come spie onnipresenti, che raccolgono dati e monitorano gli utenti, generando sfiducia nel sistema che sta dietro a queste tecnologie. Alcuni intervistati affermano che questa tecnologia espone le persone a una maggiore sorveglianza piuttosto che fornire una maggiore sicurezza.
  • Il seduttore: sebbene siano pratici e attraenti, gli oggetti connessi possono portare alla dipendenza, alla perdita di competenze e all’impoverimento della vita sociale. I partecipanti hanno avvertito che un uso eccessivo della tecnologia potrebbe portare alla perdita di alcune facoltà essenziali.

Ridare fiducia e controllo ai consumatori

Questi ruoli riflettono una diffusa sfiducia nei confronti degli oggetti connessi, che vengono percepiti come invasivi e intrusivi. I ricercatori raccomandano alle aziende di ridurre l’eccessiva umanizzazione delle funzioni degli apparecchi e di concentrarsi invece sul controllo da parte dell’utente e sulla trasparenza dei dati. “È essenziale creare prodotti che ispirino fiducia e sicurezza. I consumatori devono sentire di avere il controllo della tecnologia“, consiglia Paolo Peverini.