Quintogest, Giordano: “Non ci sono le opportunità di fare dei progetti seri”

Il mercato della cessione del V, tipologia di prestito tutta italiana, unica in Europa, e con una grande valenza sociale visto che spesso costituisce un’opportunità per chi non può accedere al credito attraverso i canali convenzionali, nel 2011 ha fatto registrare un netto calo, di circa il 5% nel primo semestre (4,7% secondo i dati Assofin, e addirittura -7,1 negli 11 mesi) rispetto allo stesso periodo del 2010, e di circa il 20% rispetto al 2009 (fonte: Newsletter Cessione del V EMFgroup).
Questi dati sembrerebbero disegnare un mercato in difficoltà, il che in parte è vero, ma è necessaria un’analisi più profonda per meglio comprendere quali sono i cambiamenti che stanno sconvolgendo questo settore del credito italiano, e che ne stanno limitando l’erogazione, così da valutare quello che potrebbe essere il 2012.
A spiegarlo è Antonio Giordano, consigliere UFI (Unione finanziarie Italiane) con delega per le relazioni istituzionali, e amministratore delegato di Quintogest.
In questo momento la valutazione sull’anno appena iniziato sembrerebbe essere tutta negativa, perché non ci sono le opportunità di fare dei progetti seri. L’aspetto più drammatico è la mancanza di Regulation attuativa e il rinvio sine die dell’impianto del D. Lgs. 141/2010, perché il 31 dicembre 2011, che sembrava un termine di legge perentorio, è invece diventato una scadenza tranquillamente rinviabile, senza neanche darne una nuova. Il punto di svolta che tutti, nel bene o nel male immaginavamo fissato al primo gennaio, è stato semplicemente allontanato e non si vede più il punto di virata, per usare un termine nautico. Rimane quindi solo un dato di fatto: nella Cessione del V aumenta la concentrazione del mercato nelle mani di pochi, anzi pochissimi, grandi operatori, e dalla parte opposta troviamo sempre più piccole realtà che vanno in difficoltà e continuano a morire”.

Oggi l’imprenditore che vuole continuare a lavorare nel mondo della Cessione del V che visione ha del futuro?
Di incertezza sicuramente. Oggi non può far altro che continuare a lavorare navigando a vista cercando di mantenere una piccola quota di mercato, ma non c’è nessuna vera prospettiva, neanche di funding.

Dei 116 miliardi che le banche italiane hanno ricevuto dalla BCE, ritiene che una piccola parte possa andare alla CQS?
Per ora no, perché non essendoci chiarezza normativa gli istituti, oltre a finanziare il proprio ciclo diretto, sposteranno le disponibilità verso quei settori che reputano più stabili, anche sotto l’aspetto regolamentare.

Quindi non solo l’imprenditore non più fare previsioni a lungo termine, ma anche le banche?
Oggi quando si parla con l’interlocutore bancario si capisce che spesso manca una visione chiara sul futuro. Anche i finanziamenti della BCE sono a pioggia e non si intravedono obiettivi precisi, come quando in guerra si paracadutano viveri alla popolazione. E questo lo percepisce anche il mercato e le borse che non premiano i titoli bancari e non investono su questo settore. Se si tornasse ad avere una visione “originale” del mestiere bancario, che dovrebbe essere quello di reperire denaro sul mercato, sicuramente si potrebbe investire questi soldi sia in situazioni sicure a basso rendimento sia in alcune più rischiose, ma con rendimenti più alti, magari sulle nuove imprese. Sarebbe tutto molto più facile e si ritroverebbe subito il bandolo della matassa. Questo oggi non è proprio possibile: se anche un imprenditore ha un’idea interessante, non prova neanche più a proporla alla banca per farsela finanziare.

Per il 2012 quale la prima necessità per il mercato della CQ?
La prima è quella del chiarimento normativo. Fatto questo, è tutto risolto: una volta stabilite le regole del gioco chi ha le carte in mano può stabilire come giocarle, ma in questa situazione si preferisce non giocare.

Quindi l’attuazione del D. Lgs. 141/2010?
Il decreto allo stato attuale non è niente! È un’insieme di “ipotesi” normative, che però non ha ancora dei regolamenti attuativi. Anzi quello che si sente costantemente dire è che “in parte con i regolamenti attuativi cambieranno quello che attualmente sembra l’indirizzo di molte norme”, quindi la 141 attualmente è purtroppo solo una complicazione senza alcun beneficio effettivo né per il mercato né per gli operatori.

Oltre al D. Lgs. 141/2010 bisognerebbe rivedere anche la legge che regola la Cessione del V?
La CQ è un prodotto molto complesso, ed ha un processo molto articolato, per assicurare un grado di tutela superiore a un tipo di indebitamento di interesse sociale; per questo deve essere differente da quello del prestito personale. Se il tema dell’eventuale riforma è quello di rendere la CQS più simile al prestito personale allora stiamo indebolendo il prodotto. È vero che le norme che lo regolano hanno qualche elemento di vecchiaia, ma lo hanno soprattutto negli strumenti operativi: il sistema delle notifiche così complesso, ad esempio. Una volta che gli aspetti procedurali verranno modernizzati, la CQ potrebbe andar bene così. Se si prevedessero degli standard sulle certificazioni, o un modello unificato delle buste paga, sarebbe già un grosso passo avanti, senza bisogno di modificare la normativa principale.