Cento miliardi di euro. Una cifra pari al 7% del Pil. È un dato allarmante quello che riguarda il “valore” del racket e dell’usura in Italia. “Si tratta di una cifra che ci pone nei primi posti nel mondo. Se si pensa che a livello globale il fenomeno del riciclaggio pesa per circa il 2-3% sul Pil mondiale, noi stiamo fornendo un triste contributo”. Nei giorni in cui il magistrato Raffaele Cantone è stato nominato capo dell’Autorità nazionale anticorruzione e il Parlamento Ue ha varato nuove norme per impedire l’anonimato nelle transazioni finanziarie Ranieri Razzante, presidente dell’Aira, l’Associazione italiana responsabili antiriciclaggio, e docente di Legislazione antiriciclaggio all’Università di Bologna, torna a richiamare l’attenzione sul danno che l’usura, il riciclaggio e in generale la cattiva gestione del credito stanno recando al Paese.
Professore lei ha sottolineato più volte che l’Italia ha dato al mondo le prime lezioni in tema di antiriciclaggio e antiusura. Eppure nell’ultimo periodo la situazione su questi versanti è andata peggiorando invece di migliorare. La colpa è della crisi?
La crisi economica ha un peso significativo, ma non è l’unica causa di questo deterioramento. Molte persone continuano a cadere vittima dell’usura per sovraindebitamento, un problema che però non dipende solo dal fatto di non avere sufficienti risorse per far fronte alle esigenze correnti, ma che è talvolta collegato all’incapacità di effettuare una corretta valutazione del proprio budget personale o familiare. Non sono infrequenti i casi di soggetti che acquistano a rate una serie di beni, anche non strettamente necessari, e si rendono poi conto di non poter far fronte alle spese con le proprie entrate. Sotto questo profilo c’è pochissima informazione. Questo porta inevitabilmente a un vantaggio diretto per la criminalità organizzata, che può offrire una liquidità immediata e permettersi di prestare denaro a un tasso estremamente contenuto, specie in tempi difficili come quello che stiamo affrontando
Come si può intervenire?
È necessario in primo luogo semplificare le modalità di accesso al credito bancario. Non è ovviamente possibile che le banche prestino soldi a chiunque li chieda. Quello a cui si deve arrivare è una situazione in cui gli istituti erogano il denaro richiesto ai soggetti meritevoli. E questo si ottiene in primo luogo migliorando gli strumenti di analisi del merito creditizio. Ci sono molte persone che lavorano, molti imprenditori e dipendenti che non riescono a ottenere finanziamenti dalla banche pur essendo sempre stati buoni pagatori e senza mai aver subito protesti. A ciò si aggiungono una serie di aziende solide e strutturate, per le quali dovrebbe essere lo Stato a fornire eventuali garanzie richieste nel momento in cui presentano domanda per ottenere credito.
In questo senso i confidi potrebbero svolgere un ruolo importante…
Assolutamente sì. Il sistema dei confidi dovrebbe essere rivalutato. Già da un po’ di tempo come Aira abbiamo iniziato a lavorare a una proposta di legge per far sì che i confidi possano offrire garanzie per conto dello Stato, veicolando soldi verso quella moltitudine di imprese che in questo momento ha urgente bisogno di liquidità per mandare avanti la propria attività o per avviarne di nuove. Questa liquidità rappresenta la linfa vitale del nostro sistema economico e sarebbe giusto favorire la sua circolazione. I finanziamenti a pioggia sono inutili. Ci deve essere una cabina di regia nazionale, ma ad essa si devono affiancare consorzi locali di garanzia dei fidi vigilati dalla Banca d’Italia e pronti a intermediare soldi in tempi rapidi e senza lungaggini burocratiche dopo aver effettuato un’efficace analisi sullo stato creditizio di chi presenta richiesta. In questo sistema i confidi rappresenterebbero una sufficiente garanzia per gli istituti eroganti. Posso citare decine di casi in cui aziende in difficoltà sarebbero state salvate da un’erogazione tempestiva o magari di poco superiore a quella che è stata effettivamente concessa. Le banche hanno a disposizione una quantità sufficiente di denaro. Quello che serve è un razionalizzazione dei meccanismi di concessione del credito.
Però gli accordi di Basilea 2 e 3 hanno ristretto effettivamente i cordoni del credito…
Indubbiamente, e la colpa in questo senso non può essere attribuita alle banche, ma va data all’Unione europea, che ha adottato in modo miope una serie di misure draconiane e assolutamente anacronistiche. Ripeto: non stiamo parlando di obbligare le banche a concedere finanziamenti in modo indiscriminato. Però gli spazi e i fondi per concedere credito alle imprese ci sono e devono essere utilizzati, e anche in tempi rapidi.
C’è anche un problema di scarsa “cultura del credito”?
C’è molta disinformazione. Non si pensa, ad esempio, a dei corsi ad hoc per imprenditori, che pure noi dell’Aira abbiamo proposto più volte a Confcommercio, Confindustria e Confesercenti ma che non sono mai stati avviati, adducendo come motivo la mancanza di fondi. Forse però si dovrebbe riflettere sul fatto che una simile spesa non è certo a fondo perduto ma rappresenta in realtà un investimento, perché avere imprenditori più preparati e consapevoli porterebbe a un uso più razionale ed efficiente dei finanziamenti, cosa che a sua volta innescherebbe circuiti virtuosi che oggi sono bloccati da ignoranza, asimmetrie informative e difetti di allocazione delle risorse. Ormai da questo punto di vista c’è un cortocircuito così esteso che il problema potrebbe essere risolto solo istituendo un’Autorità di garanzia del credito, una figura tecnica e strettamente specializzata che possa gestire e supervisionare i meccanismi di erogazione dei finanziamenti.
Le misure introdotte per limitare l’uso del contante hanno avuto qualche effetto in tema di lotta al riciclaggio?
Solo in senso negativo. La soglia introdotta è troppo bassa e il risultato è che i meno abbienti, che sono generalmente anche quelli meno alfabetizzati dal punto di vista finanziario e meno propensi a utilizzare strumenti di pagamento alternativo, cercano di evitare di utilizzare troppo contante per paura di accertamenti fiscali, accertamenti che sono continuamente minacciati dalle autorità e che creano solo timori inutili. Se l’inclusione sociale e finanziaria continua a essere indirizzata solo verso coloro che usano carte di credito, bancomat e denaro elettronico, inevitabilmente si taglia fuori una fetta consistente della popolazione che non ha dimestichezza con questi strumenti, inducendola a spendere meno contanti possibili, con un effetto di freno su un mercato già di per sé asfittico. Esistono molti studi che dimostrano che l’uso del contante non agevola in alcun modo l’evasione fiscale o il riciclaggio. Non a caso in Germania, dove non ci sono limiti all’uso del contante, l’evasione è la metà di quella che si registra nel nostro Paese.
Qual è la misura più urgente che il nuovo governo deve adottare?
La cosa più urgente è rimettere in circolo il denaro, responsabilizzando gli intermediari già esistenti, come i confidi, e istituendo al tempo stesso questa Authority per il controllo del credito cui ho accennato prima. Ciò consentirebbe di finanziare in modo mirato specifici settori e imprenditori meritevoli, che esistono e che tuttavia si vedono spesso negare soldi dalle banche.