Sciopero bancari del 30 gennaio, Sileoni (Fabi): “Se le banche non cambiano atteggiamento proseguiremo a oltranza e chiederemo l’intervento del governo”

Fabi Logo“Se le banche non cambiano atteggiamento, andremo avanti a oltranza chiedendo l’intervento del governo e del presidente Renzi”Lo ha dichiarato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari, dopo l’annuncio dello sciopero dei lavoratori del credito il 30 gennaio.

Nella stessa giornata si svolgeranno quattro manifestazione di piazza a Roma, Ravenna, Palermo e Milano, dove il leader della Fabi terrà un comizio in piazza della Scala insieme al segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.

“L’Abi, iniziando dal presidente Patuelli, deve, a mio avviso, prendersi l’impegno contrattuale del mantenimento degli attuali livelli occupazionali – ha proseguito Sileoni -. Se l’Abi non cambia atteggiamento e, soprattutto, se qualche gruppo bancario non la smette di puntare alla sostituzione dell’architettura contrattuale nazionale con contratti aziendali e di gruppo, la lotta sindacale e dei lavoratori sarà ancora più dura fino a che non sarà garantito un nuovo contratto. Ci aspettiamo il riconoscimento dell’inflazione, una blindatura contrattuale delle previsioni normative sulle esternalizzazioni, e una contrattazione di secondo livello nelle aziende e nei gruppi disegnata sull’organizzazione del lavoro, che tenga conto delle nostre articolate proposte sul nuovo modello di banca al servizio del Paese. L’Abi vuole smantellare il contratto nazionale per una liberalizzazione selvaggia del settore e per colpire i diritti dei lavoratori bancari”.

Il segretario generale della Fabi ha anche risposto alle critiche avanzate da Patuelli in merito ai dati sulla contrazione dei posti di lavoro nel settore bancario presentati dalla Fisac Cgil durante una conferenza stampa unitaria dei sindacati del credito.

“Agostino Megale, leader della Fisac Cgil, ha ragione sia nella forma sia nella sostanza, perché quando si chiedono sacrifici economici ai lavoratori e si perdono 68mila posti di lavoro in 15 anni anche i vertici devono dare l’esempio – ha spiegato Sileoni -. E di banchieri che hanno dato l’esempio tagliandosi lo stipendio ce ne sono davvero pochi. Sarà forse il caso dello stesso Patuelli che, da presidente della cassa di Ravenna, ha avuto probabilmente il buon senso di non eccedere nel suo emolumento, ma negli ultimi anni, nel disastro complessivo della nostra società, i banchieri non hanno certamente brillato per morigeratezza rispetto alle proprie retribuzioni. Quando si critica il sindacato che raccoglie firme per una proposta di un tetto ai compensi dei manager, come bene ha fatto recentemente Giulio Romani della Fiba Cisl, o si criticano le osservazioni più che giustificate espresse da Massimo Masi della Uilca, bisogna avere argomenti convincenti. Ma in questa circostanza bisogna avere la dignità di tacere, considerato che per avere un propri contratto di lavoro 312mila lavoratori bancari sono costretti a fare la secondo giornata di sciopero dopo più di un anno di trattative. E mi fermo, per il momento qui”.