Ripresina, tutti ne parlano nessuno ci crede fino in fondo. Gli ultimi dati in ordine di tempo ad offrire un quadro della situazione in cui versa l’economia del nostro Paese sono arrivati oggi dall’Istat. Per l’istituto di statistica il Pil italiano è destinato ad arretrare dell’1,8% nell’anno in corso, per poi ricominciare a salire dello 0,7% nel 2014. Una mini ripresa, dunque, che non compenserà neppure alla lontana il calo degli anni precedenti e che sembra decisamente più contenuta rispetto alle previsioni formulate dal ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, che nei giorni scorsi, durante la Giornata del risparmio, aveva previsto un aumento del Pil dell’1,1%.
L’Italia, ha sottolineato l’ex direttore generale della Banca d’Italia, “ha le carte in regola per agganciare la ripresa e trarne appieno i vantaggi su crescita e occupazione”. L’aumento del prodotto interno lordo “si porterà su livelli ancora superiori a partire dal 2015, prefigurando una graduale chiusura dell’output gap”, e raggiungendo “circa il 2% nel 2017”.
Per parlare di una ripresa vera, senza diminutivi o prefissi peggiorativi, occorrerà quindi aspettare almeno tre anni. Un periodo non breve, considerato anche che, vista l’incertezza degli scenari macroeconomici, vaticinare sull’andamento della produzione e dei consumi con 36 mesi d’anticipo è un compito alquanto arduo, e per alcuni impossibile.
Ma cosa succederà nel frattempo alla nostra economia? Secondo l’Istat i consumi delle famiglie sono destinati a contrarsi del 2,4% nel 2013 per poi crescere moderatamente, dello 0,2%, nel 2014. Parallelamente il tasso di disoccupazione, in sostenuto aumento nella prima parte dell’anno, raggiungerà quota 12,1% e, pur stabilizzandosi, continuerà a salire nel 2014 “a causa del ritardo con il quale il mercato del lavoro segue le evoluzioni dell’economia”.
Andrà meglio sul fronte degli investimenti privati, per i quali si prevede un allentamento delle condizioni del credito determinate anche dal pagamento dei debiti commerciali accumulati dalle amministrazioni pubbliche nei confronti delle imprese.
In questo scenario gli operatori del credito continuano a guardare alla ripresa come a una possibilità più che a una certezza.
“La ripresa è direttamente collegata alla produzione industriale, che ancora non vediamo nei nostri numeri”, ci spiega ad esempio Umberto Filotto, segretario generale dell’Assofin. “La possiamo auspicare ma certamente non abbiamo ancora contezza del fatto che si stia manifestando, anche perché sul versante dei consumi si percepirà dopo. Certo, il rasserenamento del clima generale avrà sicuramente un effetto positivo sui consumi”.
Più ottimista Paolo Righi, presidente nazionale della Fiaip. “Le banche – ci dice – seppure con molta prudenza, hanno ricominciato a erogare credito, aumentando le possibilità di accesso a prestiti e finanziamenti da parte delle famiglie. Questo trend si inserisce su una domanda di case e abitazioni sostenuta e ciò è destinato ad avere indubbiamente un effetto positivo per l’economia del Paese. Inoltre il governo, con la sospensione del pagamento dell’Imu, ha dimostrato la volontà di diminuire la pressione fiscale, seppure per capire se questa misura sia sostenibile nel lungo periodo sarà necessario attendere ancora un po’”. Righi comunque non si nasconde che esiste “l’incognita della stabilità politica, perché se dovesse cadere l’esecutivo inevitabilmente la ripresa si allontanerebbe”.
Valerio Angeletti, presidente della Fimaa, la pensa in modo analogo: “Gli operatori in questo momento vedono dei segnali positivi, che, per quanto ancora deboli, lasciano ben sperare per il prossimo futuro. Le cose però, chiaramente, non possono andar bene da sole: sono necessari una serie di interventi mirati per aiutare l’economia a risollevarsi. In questo senso una grande responsabilità pesa sulle spalle della politica, che deve aiutare le imprese e le famiglie a compiere un grande sforzo collettivo per recuperare il terreno perduto. Per usare una metafora possiamo dire che una macchina per funzionare ha bisogno di un motore, della benzina ma anche di un guidatore capace”.
Un’opinione condivisa da Eustacchio Allegretti, presidente dell’Assomea: “I segnali macroeconomici sono moderatamente positivi. Le banche sembrerebbero più interessate a finanziare gli acquisti immobiliari delle famiglie. Gli spread sono scesi. Si registrano numeri in crescita, in decisa controtendenza rispetto a quelli degli ultimi due anni”. Tutto ciò, aggiunge Allegretti, resta però “legato a una ripresa di carattere generale dell’economia, senza la quale singoli e famiglie non hanno la possibilità di fare acquisti e investimenti”.
Di fronte alle tante variabili in gioco e alla grande incertezza delle prospettive Antonio Lo Monaco, segretario di Federconfidi preferisce non sbilanciarsi: “Una cosa è avvertire la sensazione della ripresa, come effettivamente sta accadendo nel settore dei confidi, un’altra è avere prove evidenti. In questo momento è necessaria un’estrema prudenza nell’esprimere qualsiasi valutazione. Per evitare confusione e malintesi dovrebbero essere pochi i soggetti titolati a ragionare sui numeri e a fare previsioni, mentre viceversa quello che ci troviamo davanti è una moltitudine di voci contrastanti che non aiuta a comprendere il reale stato delle cose”.
Infine c’è chi scuote la testa. “Quella a cui stiamo assistendo è una ripresa drogata”, sostiene senza mezzi termini Fabio Picciolini, presidente del Consumers’ Forum. “Le famiglie si sono trovate in tasca alcuni soldi in più per non aver pagato l’Imu. Anche l’aumento dell’inflazione non è dovuto a un incremento degli acquisti da parte dei consumatori, che se ne hanno la possibilità stanno tentando disperatamente di mettere qualcosa da parte per far fronte a eventuali difficoltà future. Al momento parlare di ripresa mi sembra prematuro. Possiamo più realisticamente sostenere che sia rallentata la recessione e sperare che l’anno prossimo il segno meno davanti al nostro Pil diventi uno zero”.