Le riflessioni di Stefano Rossini, amministratore delegato di Mutuisupermarket, sugli effetti della Brexit.
La cosiddetta “Brexit” avrà sicuramente impatti importanti sul mondo dei mutui in Italia, alcuni che si dipaneranno nell’immediato, e che de facto stiamo già osservando, altri che emergeranno nel corso dei prossimi trimestri, e che per portata potrebbero essere ben più importanti degli effetti che stiamo registrando attualmente. Nell’immediato “brexit aftermath”, l’impatto ha riguardato principalmente i mercati finanziari: la Brexit ha innescato aspettative di nuove misure espansive da parte della Bce nel corso dei prossimi trimestri, a garanzia e sostegno della liquidità di mercato, stabilità e crescita Area Euro.
Questo ha a sua volta innescato aspettative di tassi Euribor a valori minimi su periodi temporali più estesi, una nuova caduta dei tassi sui titoli di Stato e quindi una nuova riduzione dei tassi interbancari Irs. Gli indici di riferimento per i tassi variabili (Euribor) e fissi (Irs) sono quindi ai minimi storici di sempre e probabilmente per periodi di tempo maggiormente estesi rispetto a quanto atteso nel pre-Brexit. Osservando infatti le quotazioni dei futures Euribor 3 mesi scambiati sul mercato Liffe di Londra, il mercato si attende un Euribor 3 mesi sotto zero sino a gennaio 2021. Gli spread di offerta sui mutui post brexit non stanno invece aumentando e sembrano stabili se non addirittura in ulteriore leggera riduzione.
Le banche non stanno reagendo quindi alla Brexit, gli spread sono sempre molto ridotti e oscillano, per le migliori offerte sia a tasso fisso che variabile, fra lo 0,9% e l’1,1%. Nel medio e lungo periodo invece la situazione potrebbe mutare significativamente: è difficile prevedere scenari esatti ma sicuramente avranno un ruolo fondamentale le modalità e i risultati delle negoziazioni fra Uk e Bruxelles una volta che saranno avviate, negoziazioni che si dipaneranno su un arco temporale esteso e che potrebbero impattare in maniera differente sull’economia reale dei vari Paesi.
Se le negoziazioni seguiranno una linea rigida e dura, i flussi di business e import-export fra Uk e area Euro potrebbero essere significativamente impattati, gli investimenti privati verrebbero in parte riallocati a livello europa, e le stime di crescita del Pil potrebbero essere riviste al ribasso per diversi paesi, locomotive d’Europa e non, re-innescando un nuovo periodo di crescita minima o addirittura recessione. Con minori flussi di reddito e prospettive salariali, il rischio di credito delle banche aumenterebbe e potenzialmente anche i tassi di default crescerebbero. Ciò porterebbe inevitabilmente ad un nuovo aumento degli spread e quindi dei tassi finali per i mutui casa. Quando si entra nella sfera dell’economia reale e la crescita si arresta, imprese, privati e famiglie con maggiore incertezza e minori prospettive potrebbero rallentare spese e investimento, alimentando un nuovo circolo vizioso di deflazione e recessione. C’è da considerare però che dato che tali rischi sono chiari a Londra quanto a Bruxelles, l’aspettativa è che si riesca a trovare un equilibrio nelle misure che verrano definite, a beneficio di una maggiore stabilità e solida ripresa di tutti i sistemi economici impattati dalla decisione di Brexit.